Propongo, qui di seguito, alcuni stralci di un'intervista fatta da Attilio Ievolella, per il Giornale della politica italiana, a don Paolo Farinella, il sacerdote che scrisse al Cardinal Bagnasco per lamentare dell’intreccio tra la Chiesa e la politica. Don Paolo Farinella è sacerdote a Genova, ha due lauree (in Teologia biblica e in Scienze bibliche e archeologiche) e numerosi libri di carattere teologico. Questa intervista, oltre che essere la naturale continuazione della precedente esternazione, già pubblicata anche da questo blog (http://paologia.blogspot.com/2009/06/lettera-aperta-al-cardinale-bagnasco-di.html), ha dei punti di contatto anche con l'intervista rilasciata dal politologo Sartori a El Pais, di cui si è fatto cenno in un precedente post (http://paologia.blogspot.com/2009/06/la-politica-e-i-preti-pedofili.html).
Don Farinelli esordisce con una premessa. «I mass media fanno confusione tra gerarchia e Chiesa. La gerarchia, Papa Ratzinger, cardinal Bertone, cardinal Bagnasco, giusto per fare qualche esempio, sono dentro la Chiesa; la Chiesa è, invece, il popolo di Dio. Per essere più chiari, la gerarchia deve essere al servizio del popolo di Dio, non viceversa…».
Perché ha scritto proprio al cardinale Bagnasco?«Ho scritto a Bagnasco per due ragioni: perché è presidente della Conferenza episcopale italiana (una organizzazione che rappresenta i vescovi, ma, a mio avviso, non ha valore teologico) e, soprattutto, perché è il vescovo di Genova, il vescovo della mia diocesi».
Le sue parole, chiamando in causa la Chiesa per la mancata presa di posizione - nella sua ottica, s’intende - sulla questione morale che ha investito, in queste ultime settimane, il governo Berlusconi, e l’Italia, hanno spaccato in due il web, e il popolo dei fedeli: pro e contro, come spesso avviene. Però la domanda è perché ora e perché con toni così forti?«Guardi, la lettera da me scritta al cardinale Bagnasco fa seguito ad altri scritti, con i quali, in passato, ho affrontato argomenti delicati, penso, ad esempio, alla storia di Eluana Englaro. All’epoca, se ricorda, c’è stata, da parte della gerarchia, una difesa generica del valore della vita. Mi sono domandato e ho domandato: il valore della vita esiste anche per quel miliardo e mezzo di persone che nel mondo muore di fame e di sete? Esiste per loro l’obbligo alla nutrizione?E ancora, perché nessuna parola è stata spesa, in maniera netta, sui respingimenti nei confronti degli immigrati? Esiste il valore della vita anche per loro? Lo chiedo perché nella Bibbia la categoria dello straniero è riconosciuta e accettata…Su questi temi mi soffermo da tempo. Perché la Chiesa è universale… eppure, oggi, sul campo dei diritti ci si fa i gargarismi con l’acqua benedetta…».
Lei mette in collegamento, nei suoi scritti, crisi di valori, cattiva politica e gerarchia ecclesiastica. Qual è il filo rosso?«Lo vuole sapere? A mio avviso la rovina dell’Italia è la presenza del Vaticano nel suo territorio. Perché questa presenza ha un’influenza forte dal punto di vista economico, dal punto di vista politico, dal punto di vista sociale. Cosa che non avviene in un nessun altro Stato del mondo… E gli esempi non sono legati solo all’attualità».
Cosa intende dire?«Lei ha presente Romano Prodi? In quel caso, il problema, nel rapporto col Vaticano, era la scelta di quel governo di legiferare su argomenti quali i Dico, ovvero i diritti delle persone conviventi, e i fondi per le scuole cattoliche. E gli effetti si sono fatti sentire…».
Lei, ora, però, attacca duramente il Vaticano e, di riflesso, l’attuale governo, guidato da Berlusconi. Molti pensano che la sua sia semplicemente una presa di posizione politica…«La realtà è che io denuncio il rapporto attuale tra Stato e Chiesa, un rapporto di puro scambio. E oggi, per giunta, Silvio Berlusconi si presenta come rappresentante, in politica, del cattolicesimo, che storicamente è sempre stato di destra, eccezion fatta per l’ala sinistra della Democrazia Cristiana; lo stesso Berlusconi si presenta come l’erede della Democrazia Cristiana, e, credetemi, De Gasperi si starà letteralmente rivoltando nella tomba…Ma il Vaticano non dice nulla, anzi la gerarchia porta avanti un’alleanza di fatto con Berlusconi, passando sopra ogni valore, per ottenere ciò che è stato chiesto, ovvero una legge sul testamento biologico (di impronta cattolica) e un intervento a sostegno delle scuole paritarie (che, nove casi su dieci, sono cattoliche). Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti: Tremonti, da ministro dell’Economia, aveva ipotizzato un taglio ai fondi destinati alle scuole cattoliche, è bastato un sommovimento della gerarchia per far cambiare subito le cose… E i fondi alle scuole cattoliche sono stati aumentati. Può mai essere un caso? Tutto ciò spinge a dire che, per il potere, non c’è più teoria, principio, valore che tenga. E ciò riguarda non solo la politica italiana anche la gerarchia vaticana».
Le sue sono posizioni estreme, difficili da accettare e da condividere, non solo per la gerarchia ma anche per il popolo di Dio e, se permette, anche per il popolo italiano…«Guardi, io osservo la realtà e vedo che il rapporto tra Stato e Chiesa è diventato, oggi, un rapporto di compra-vendita. Ma la realtà viene osservata da ogni singola persona. E nel popolo di Dio, e nei cittadini, l’esasperazione è fortissima, glielo dico da prete a contatto con i fedeli. Il domani è una gerarchia abbandonata dai fedeli …».
Quali sono le ripercussioni politiche, a suo avviso? Ripercussioni che, par di capire, lei considera già acquisite…«La storia ci aiuta a comprendere: fino a qualche anno fa la Democrazia Cristiana rappresentava il Vaticano e la gerarchia ecclesiastica nelle istituzioni e nella politica italiana. Oggi, invece, è il Vaticano stesso a fungere da centro di potere nello Stato italiano, a fare lobby a sé stante, a fornire indirizzi politici. Queste sono le ripercussioni concrete, ripercussioni che sono sotto gli occhi di tutti».
Ma, allora, qual è il futuro per la Chiesa e per l’Italia?«Per la gerarchia il futuro è semplice: come ho detto prima, l’abbandono da parte dei fedeli. Quel giorno si ritroveranno da soli, con le loro palandrane. Per l’Italia il discorso è più ampio, più complesso. Anche perché riguarda tutta la società. Ebbene, come sempre avviene a cavallo tra due millenni, oggi viviamo un periodo di degenerazione, destinato a protrarsi altri trent’anni. E anche il rapporto, che io definisco osceno, tra gerarchia e governo ne è una testimonianza, un rapporto di compra-vendita, senza valori. Dobbiamo avere, però, la forza di guardare al futuro, avendo bene in mente il pensiero-profezia di Giorgio La Pira, che parlava, molti anni fa, del terzo millennio come il tempo per i bambini, i poeti, i frati… le cose potranno cambiare in meglio. Ma per raggiungere questo obiettivo bisognerà lavorare, partendo dall’onestà necessaria per denunciare la realtà attuale. Perché, si ricordi, bisogna aver paura della falsità, non della verità».
Le sue parole, chiamando in causa la Chiesa per la mancata presa di posizione - nella sua ottica, s’intende - sulla questione morale che ha investito, in queste ultime settimane, il governo Berlusconi, e l’Italia, hanno spaccato in due il web, e il popolo dei fedeli: pro e contro, come spesso avviene. Però la domanda è perché ora e perché con toni così forti?«Guardi, la lettera da me scritta al cardinale Bagnasco fa seguito ad altri scritti, con i quali, in passato, ho affrontato argomenti delicati, penso, ad esempio, alla storia di Eluana Englaro. All’epoca, se ricorda, c’è stata, da parte della gerarchia, una difesa generica del valore della vita. Mi sono domandato e ho domandato: il valore della vita esiste anche per quel miliardo e mezzo di persone che nel mondo muore di fame e di sete? Esiste per loro l’obbligo alla nutrizione?E ancora, perché nessuna parola è stata spesa, in maniera netta, sui respingimenti nei confronti degli immigrati? Esiste il valore della vita anche per loro? Lo chiedo perché nella Bibbia la categoria dello straniero è riconosciuta e accettata…Su questi temi mi soffermo da tempo. Perché la Chiesa è universale… eppure, oggi, sul campo dei diritti ci si fa i gargarismi con l’acqua benedetta…».
Lei mette in collegamento, nei suoi scritti, crisi di valori, cattiva politica e gerarchia ecclesiastica. Qual è il filo rosso?«Lo vuole sapere? A mio avviso la rovina dell’Italia è la presenza del Vaticano nel suo territorio. Perché questa presenza ha un’influenza forte dal punto di vista economico, dal punto di vista politico, dal punto di vista sociale. Cosa che non avviene in un nessun altro Stato del mondo… E gli esempi non sono legati solo all’attualità».
Cosa intende dire?«Lei ha presente Romano Prodi? In quel caso, il problema, nel rapporto col Vaticano, era la scelta di quel governo di legiferare su argomenti quali i Dico, ovvero i diritti delle persone conviventi, e i fondi per le scuole cattoliche. E gli effetti si sono fatti sentire…».
Lei, ora, però, attacca duramente il Vaticano e, di riflesso, l’attuale governo, guidato da Berlusconi. Molti pensano che la sua sia semplicemente una presa di posizione politica…«La realtà è che io denuncio il rapporto attuale tra Stato e Chiesa, un rapporto di puro scambio. E oggi, per giunta, Silvio Berlusconi si presenta come rappresentante, in politica, del cattolicesimo, che storicamente è sempre stato di destra, eccezion fatta per l’ala sinistra della Democrazia Cristiana; lo stesso Berlusconi si presenta come l’erede della Democrazia Cristiana, e, credetemi, De Gasperi si starà letteralmente rivoltando nella tomba…Ma il Vaticano non dice nulla, anzi la gerarchia porta avanti un’alleanza di fatto con Berlusconi, passando sopra ogni valore, per ottenere ciò che è stato chiesto, ovvero una legge sul testamento biologico (di impronta cattolica) e un intervento a sostegno delle scuole paritarie (che, nove casi su dieci, sono cattoliche). Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti: Tremonti, da ministro dell’Economia, aveva ipotizzato un taglio ai fondi destinati alle scuole cattoliche, è bastato un sommovimento della gerarchia per far cambiare subito le cose… E i fondi alle scuole cattoliche sono stati aumentati. Può mai essere un caso? Tutto ciò spinge a dire che, per il potere, non c’è più teoria, principio, valore che tenga. E ciò riguarda non solo la politica italiana anche la gerarchia vaticana».
Le sue sono posizioni estreme, difficili da accettare e da condividere, non solo per la gerarchia ma anche per il popolo di Dio e, se permette, anche per il popolo italiano…«Guardi, io osservo la realtà e vedo che il rapporto tra Stato e Chiesa è diventato, oggi, un rapporto di compra-vendita. Ma la realtà viene osservata da ogni singola persona. E nel popolo di Dio, e nei cittadini, l’esasperazione è fortissima, glielo dico da prete a contatto con i fedeli. Il domani è una gerarchia abbandonata dai fedeli …».
Quali sono le ripercussioni politiche, a suo avviso? Ripercussioni che, par di capire, lei considera già acquisite…«La storia ci aiuta a comprendere: fino a qualche anno fa la Democrazia Cristiana rappresentava il Vaticano e la gerarchia ecclesiastica nelle istituzioni e nella politica italiana. Oggi, invece, è il Vaticano stesso a fungere da centro di potere nello Stato italiano, a fare lobby a sé stante, a fornire indirizzi politici. Queste sono le ripercussioni concrete, ripercussioni che sono sotto gli occhi di tutti».
Ma, allora, qual è il futuro per la Chiesa e per l’Italia?«Per la gerarchia il futuro è semplice: come ho detto prima, l’abbandono da parte dei fedeli. Quel giorno si ritroveranno da soli, con le loro palandrane. Per l’Italia il discorso è più ampio, più complesso. Anche perché riguarda tutta la società. Ebbene, come sempre avviene a cavallo tra due millenni, oggi viviamo un periodo di degenerazione, destinato a protrarsi altri trent’anni. E anche il rapporto, che io definisco osceno, tra gerarchia e governo ne è una testimonianza, un rapporto di compra-vendita, senza valori. Dobbiamo avere, però, la forza di guardare al futuro, avendo bene in mente il pensiero-profezia di Giorgio La Pira, che parlava, molti anni fa, del terzo millennio come il tempo per i bambini, i poeti, i frati… le cose potranno cambiare in meglio. Ma per raggiungere questo obiettivo bisognerà lavorare, partendo dall’onestà necessaria per denunciare la realtà attuale. Perché, si ricordi, bisogna aver paura della falsità, non della verità».
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