"Non bisogna solo essere onesti, ma apparire onesti. E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no! [...] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!”. (Paolo Borsellino)

lunedì 27 agosto 2012

La sindrome dell'appartenenza

Vorrei dire a tutti quei giornalisti che continuano a classificare le opinioni come appartenenti alla destra o alla sinistra, che questo metodo di classificazione non appartiene più alla politica, perlomeno, a quella italiana, e forse neanche a quella internazionale. Ormai le ideologie sembrano morte in tutto il pianeta terraqueo, restano pallide fiammelle che vanno a spegnersi con il passar del tempo. Anche in Birmania si è aperto uno spiraglio all'abolizione della censura. In Libia qualcosa si sta muovendo e lo stesso vale per la Cina. Insomma, i giornalisti italiani, la maggior parte almeno, continua a ragionare ancora in termini di destra e sinistra, come se i destri sono migliori dei sinistri, o viceversa, e come se, parlare ancora di fascisti e comunisti giovi a portare voti alla causa, senza considerare che questa ormai è una causa persa in partenza.

Insomma, io voglio rassicurare certi giornali, del fatto che il mondo politico italiano non si suddivide in berlusconiani e anti berlusconiani, non era vero quanso lui, il titolare dell'aggettivo più discusso degli ultimi vent'anni, era in auge, figuriamoci se vale ancora oggi. Non è esatto dire che la sinistra litiga e annoverare fra le forze di sinistra, in un unico minestrone, Grillo, Di Pietro, Bersani, il Fatto Quotidiano e Repubblica. Insomma non mi pare che Grilo si sia mai dichiarato di sinistra, la stessa cosa vale per il Fatto, che bastona indifferentemente gli errori dei destri come quelli dei sinistri, come quelli dei tecnici, passando per il Vaticano e per il Quirinale. Mentre, per certi giornalisti, quasi tutti, per la verità, queste persone, vengono ricordate solo per la loro attività anti berlusconiana, quando l'ex presidente del consiglio meritava di essere criticato, non perché fosse di destra, in quanto di destra forse non lo è mai stato, ma perché sbagliava e basta. Invece si dovrebbe cominciare a renderci conto che i tempi sono cambiati e gli schieramenti pure, non esiste più la destra e la sinistra, ma esistono persone che propongono idee giuste e idee sbagliate o dannose per la comunità e chi critica l'idea di una persona schierata, non appartiene necessariamente allo schieramento opposto. Queste sono considerazioni semplici, ma di cui abbiamo maledettamente bisogno di riappropriarci.

venerdì 24 agosto 2012

E' rigore quando arbitro fischia

Io credo che in questo momento storico, in Italia, manchi il rispetto per le istituzioni. Tutto si può mettere in discussione, come in una famiglia in cui ogni parola del padre viene analizzata e discussa dai figli. Che poi sia il sale della democrazia, è un fatto, ma che ci debba per forza essere un limite a tutto è un altro fatto. Un vecchio allenatore di calcio, Boskov, scomparso anni orsono, diceva: "E' rigore quando arbitro fischia", mettendo così fine alle infinite elucubrazioni di talk show e tifosi in genere sui singoli episodi che avevano caratterizzato le partite della domenica. In Italia dobbiamo imparare a rispettare le sentenze, se è necessario impugnarle, ma alla fine, sempre, rispettarle, non criticarle in continuazione, in uno sterile esercizio che non giova a nessuno. Lo diceva perfino il mafioso Andreotti. Credo che sia giunto il momento di smetterla con questa continua lamentela sul lavoro dei giudici, sportivi e non sportivi. Ma tant'è, se è vero che il pesce puzza dalla testa, ha cominciato il capo dello Stato che, con la vicenda della trattativa Stato-mafia, si è posto in continuità con anni di denigrazioni e disconoscimenti da parte di una infinita schiera di politici in mala fede che via via hanno parlato di giustizialismo, giustizia a orologeria, giudici politicizzati, uso politico della giustizia, ribaltamento del voto popolare con l'arma della giustizia e così via blaterando a vanvera. Poi è arrivata l'ora dell'ILVA di Taranto, con tutti i suoi strascichi e la minaccia che i tarantini devono scegliere fra la morte di fame o la morte di malattia, dimenticando che fino ad oggi gli imprenditori dell'ILVA, come quelli della Costa Concordia, si sono arricchiti risparmiando sulla sicurezza della gente. Infine è arrivato perfino il piccolo Conte a gridare vergogna contro una sentenza che, a sentire le cronache e i commenti gli è andata di lusso, senza contare che, come ha detto giustamente il suo collega Zeman, se Conte è stato condannato non dovrebbe neanche dirigere gli allenamenti della sua squadra.

E' rigore quando arbitro fischia, questa è la regola, tutto il resto è maleducazione, populismo, denigrazione e inutile esercizio di masturbazione cerebrale.

mercoledì 8 agosto 2012

La politica del manganello.

Quanto accaduto ieri nella politica italiana, e in particolare da parte del cosiddetto Popolo delle Libertà, ha un sapore antico. E' accaduto infatti che il Presidente del Consiglio, durante un'intervista ad un giornale straniero, rilasciata tra l'altro un mese fa, ha pronunciato una frase che poteva dare adito a diverse interpretazioni, fra cui quella di critica nei confronti del precedente governo sostenuto dalla Lega Nord e, appunto, dal Popolo delle Libertà. Appena avutane notizia, i dirigenti del partito, invece di ascoltare tutta l'intevista e spiegare a tutti il vero senso delle parole di Monti, invece, cioè, di smontare sul nascere una possibile polemica, dal momento che anche loro sostengono l'attuale governo, hanno subito colto l'occasione per rivolgere le solite inutili minacce e hanno fatto mancare il proprio voto su piccoli provvedimenti, quasi a voler ribadire che senza di loro non si va da nessuna parte. Questo comportamento ha, dicevo un sapore antico, di quando le squadracce fasciste picchiavano gli oppositori, senza se e senza ma, senza un dialogo, un confronto democratico. Sarebbe davvero stata una gran fatica portare in TV un po' di dati e, mentre si cercava di spiegare il senso di quelle parole, confortare i propri elettori sulla bontà delle scelte operate?

Vista la strada scelta, ora, gli elettori del PDL hanno due possibili alternative. Possono essere contenti della prova muscolare, priva di idee e di argomenti, data dal proprio partito di riferimento e in quel caso dimostrerebbero a loro volta di essere privi di idee e di argomenti. Oppure possono pretendere una maggiore chiarezza, un maggiore sforzo, da parte di quella classe politica, pagata profumatamente non per agitare il manganello, ma per cercare di risolvere i problemi e, all'occorrenza, dare spiegazioni ai propri elettori, pena l'abbandono delle urne.