"Non bisogna solo essere onesti, ma apparire onesti. E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no! [...] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!”. (Paolo Borsellino)

mercoledì 30 giugno 2010

Fatti di casa e di cosa nostra.

Cominciamo a dire che c'è un senato, in una repubblica democratica europea, dove siedono regolarmente persone che, in un modo o nell'altro, hanno avuto rapporti continuativi con la criminalità organizzata. Per esempio, un politico di lungo corso dal nome di Giulio Andreotti è stato condannato per mafia, per fatti commessi almeno fino al 1982 e pertanto, dal momento che la sentenza è stata scritta solo dopo i termini previsti, il reato è stato prescritto, cioè a dire che l'imputato era colpevole, ma la giustizia è arrivata troppo tardi, quindi resta libero. Giubilo tra i sostenitori, soprattutto fra i colleghi politici che, invece di mandarlo fuori a pedate e prendere da lui le dovute distanze, si sono lasciati andare in elogi sperticati al mafioso e in accuse infondate e incomprensibili ai presunti denigratori. E questo è un senatore a vita.
Passiamo a Salvatore Cuffaro, detto Totò. Condannato in primo grado a cinque anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e con una richiesta di condanna a dieci anni in secondo grado, per lo stesso reato. Alla lettura del primo verdetto si è consumato il noto ricevimento a base di cannoli siciliani per la vittoria ottenuta, rispetto alla condanna che probabilmente si aspettava lui e i suoi più stretti collaboratori. Alle elezioni successive , forte di questo fiero curriculum, viene eletto come componente del senato della repubblica senza che il responsabile del suo partito alzi un sopracciglio, ma con tutti gli onori e le difese possibili. Anzi, il reato di concorso esterno, per certe persone, è un'invenzione di certa magistratura, non esiste, e pertanto sono pura teoria anche le azioni, perlomeno dubbie, commesse dagli imputati.
Quello stesso senato, di quella stessa repubblica, è presieduto dal senatore Renato Schifani, il quale ha denunciato un giornalista per averlo diffamato nel corso di una trasmissione televisiva, parlando di lui come di una persona che avrebbe dovuto spiegare, ora che era la seconda carica dello stato, i suoi rapporti avuti in passato con certi mafiosi, a questo il giornalista incauto aveva aggiunto un'offesa personale, una specie di battuta venuta male, per la quale è stato condannato ad un risarcimento di 16.000 euro. Naturalmente nessun giudice ha dichiarato, né scritto, che le ombre sul suo passato erano teoremi fantasiosi. Quindi, il senato di quella repubblica è a tutt'oggi presieduto da un politico che ha avuto rapporti con personaggi mafiosi per motivi, forse legittimi, ma di cui nessun collega chiede conto e nessun cittadino, per propria tranquillità, riesce a sapere nulla.
Sorvolando su Nicola Di Girolamo, che si è dimesso pochi mesi fa dalla carica di senatore, veniamo al pezzo forte, l'uomo del giorno, colui il quale ha dichiarato pubblicamente che è entrato in politica per non finire in galera, ma che della politica non gliene importa nulla, colui il quale ha definito eroe un suo presunto collega, non politico o senatore, ma mafioso. Sì, perché, nonostante si sia festeggiato, anche in questo caso, Marcello Dell'Utri è stato condannato per fatti di mafia commessi almeno fino al 1992. Di quello che è successo dopo non si è certi, ci sono molte coincidenze e sono possibili solo deduzioni, ma niente prove, quindi, secondo i colleghi di partito, non c'è nulla e nessuno da cui prendere debitamente le distanze.
Il problema è che queste persone, poverine, sono state vaccinate, poco a poco, e adesso, per dirla in linguaggio medico, hanno sviluppato la tolleranza alla mafia, per cui gli va bene tutto, fino all'arresto, e anche lì, magari, come successo in altre occasioni, vanno in carcere, o ci girano intorno, per solidarizzare con i loro compari e per convincerli a fare gli eroi anche loro. Restando muti.

martedì 29 giugno 2010

Un baraccone fuori controllo

Può capitare di vivere in un Paese in cui ministri del governo in carica disprezzano l'inno nazionale, la bandiera e vaneggiano di un territorio compreso nella nazione, cui danno anche un nome ma che in realtà non esiste in nessun testo di geografia, ma solo nella loro testa. Può capitare che la terza carica dello stato affermi che tale zona separata dalle altre in realtà non esiste e venga scambiato per uno statista. Può capitare di vivere in un paese in cui un senatore dica apertamente che si è fatto eleggere per sfuggire ai propri processi, che non gli piace fare il politico, che della politica non gliene importa nulla e che continui a riscuotere successi presso i propri elettori e presso il responsabile del proprio partito. Capita di vivere in un Paese in cui la prima carica dello Stato firmi dei decreti e poi li disconosca o dia a vedere che non ne conosce il contenuto. Cosa c'entra infatti negare ad un ministro, che lui stesso ha appena nominato, un diritto che aveva acquisito grazie ad un decreto firmato qualche settimana prima e non negarlo, ad esempio, alla quarta carica dello stato che, nel frattempo, ne ha usufruito a piene mani? Può accadere di vivere in un Paese il cui governante disattende sistematicamente tutte le promesse elettorali, come l'abolizione delle province, l'abbassamento delle tasse, investimenti per la sicurezza e nuove norme per tamponare il presunto dilagare della criminalità, una riforma della giustizia che riduca a tempi raguionevoli la durata media dei processi. Può accadere di non mantenere queste ed altre promesse e di continuare a riscuotere consensi, non solo, ma di poter anche andare in giro a dire che, se non si approva una legge sulle intercettazioni, non si tiene fede alle promesse fatte in campagna elettorale, dimenticando che le promesse fatte andavano nella direzione esattamente opposta, quella della maggiore sicurezza, non quella della presunta violazione della privacy. Può accadere che in prima battuta la quarta carica dello Stato dia come non trattabile la modifica del testo, poi che dica che l'importante che si approvi in qualunque modo, come un accattone che non sa più che pesci pigliare. Allo stesso modo si comporta un ministro di governo, che prima reclamizza ed enfatizza i presunti successi economici ottenuti, poi chiede di approvare la manovra finanziaria, anche se non soddisfa nessuno, perchè sennò si va in bancarotta. Capita che di fronte a questo sfascio politico ed istituzionale manchi un'opposizione, anche fragile, che dia una timida spintarella a un baraccone che ormai precipita.
Capita di ritrovarsi in tale situazione, ma, vi prego, ditemi che è solo un sogno e che l'incubo volge finalmente al termine.

mercoledì 23 giugno 2010

Bugie, bugie, bugie, nient'altro che bugie.

La Banca d'Italia, alcuni giorni fa, ha affermato che "la manovra prevede una riduzione del disavanzo tendenziale che giunge a 25 miliardi nel 2012". Ma la realtà è ben diversa. I numeri della Relazione tecnica allegata al d.lgs. 78, parlano di 62 mld di euro nel triennio, frutto di minori spese per 39,8 mld e di maggiori entrate per 22,2 mld di cui, un sesto lo pagheranno i pubblici dipendenti. Oltre al blocco del turn over si avrà il congelamento degli stipendi fino al 2013 senza possibilità futura di recupero, la riduzione delle finestre di uscita per il pensionamento e la trasformazione "pro rata" del trattamento di fine servizio nel meno remunerativo Tfr, per i lavoratori assunti prima del 2001. Il Governo, poi, risparmierà ulteriori 23,3 mld con minori trasferimenti agli enti locali. Questi a loro volta dovranno aumentare le misure impositive di loro competenza, ridurre i servizi sociali e aumentare le tariffe locali (trasporti pubblici, rifiuti, asili nido, ecc.), con conseguente diminuzione del reddito disponibile delle famiglie. Si deduce che questa manovra, a detta di molti esperti, avrà un effetto "depressivo" sull'economia, in un momento di timida ripresa, dopo la crisi del 2008-2009 le cui conseguenze devastanti sui livelli occupazionali hanno causato ferite tutt'altro che rimarginate nel tessuto socio-economico. La Banca d'Italia evidenzia che "a parità di tutte le altre condizioni (in primo luogo ciclo economico, inflazione, stabilità dei tassi, ndr), nel biennio 2011-12 la manovra potrebbe cumulativamente ridurre la crescita del Pil di poco più di mezzo punto percentuale, attraverso una compressione dei consumi e degli investimenti". Per cui, diminuendo il denominatore, il rapporto deficit/Pil al 2012 non scenderebbe al 2,7% come ipotizzato dal Governo ma si attesterebbe al 3%. Anche i tecnici del Senato rilevano che "qualora le misure contenute nel DL dovessero avere effetti negativi sulla dinamica attesa del Pil - gli indicatori di finanza pubblica risulterebbero modificati, sia per effetto della riduzione del denominatore, sia per la connessa variazione del gettito delle entrate". Sempre che gli obiettivi della manovra siano raggiunti, soprattutto dal lato delle entrate che dovrebbero derivare dal potenziamento dei processi di accertamento (11 mld) e dalle misure anti-evasione (8,8 mld). Ma al di là delle speculazioni sui numeri, l'attuale situazione preoccupa un nutrito gruppo di economisti italiani, che auspicano una politica economica che scongiuri una ulteriore caduta dei redditi e dell'occupazione e criticano una politica restrittiva, come quella attuata dal Governo, che finisce per aggravare la crisi, alimentare la speculazione e può condurre alla deflagrazione della zona euro.

lunedì 14 giugno 2010

Morte di un gattino appena nato

T'ho visto soffrire e t'ho curato
non so se ho fatto bene o se ho sbagliato
t'ho visto soffrire e con carezze
nel palmo della mano t'ho portato.

Sempre più debolmente miagolavi
e gli occhi sempre meno utilizzavi
finché al veterinario t'ho portato
per dirgli in quale stato ti trovavi.

Sono tornato a casa senza voce
sembravi più pesante di una croce
seguivi nel silenzio il tuo calvario
chiedendo, nel dolore, un po' di luce.

La madre che ti aveva generato
accanto al tuo cadavere ha vegliato
tutta la notte, senza andare via
fino al mattino, quando mi ha avvisato.

A te che mi hai donato un'esperienza
con la tua piccola e preziosa esistenza
due brevi righe voglio dedicare
che diano, nel ricordo, la presenza.

martedì 8 giugno 2010

Eppure era solo un gattino appena nato.

Non se ne va dalla testa. E' morto un gattino della cucciolata. Il più fragile, il più piccolo di tutti. La malattia lo aveva colpito ma è inutile negare che la cosa che non riesco a dimenticare è che forse l'ho curato male, me lo sento come una colpa personale. Certo, la causa potrebbe essere stata l'aggiunta, alla cucciolata vera e propria, di altri due cuccioli che rischiavano di morire nella loro cucciolata di origine, così la madre ne ha dovuti accudire sette anziché cinque. Non so quale è stata la causa, ma mi ha fatto molto male vedere morire quell'esserino che negli ultimi giorni avevo accudito personalmente, vedendolo sompre più in difficoltà. Poi, quando era già avanti con il suo male, l'ho portato dal veterinario, nel disperato tentativo di salvarlo. Ma lì, invece che salvarlo, ho capito che la soluzione migliore sarebbe stata la soppressione, anche perché è morto poche ore dopo.
Di tutta questa vicenda, la cosa che più mi ha sorpreso è stato l'atteggiamento della madre. E' una gatta che ha saputo accogliere i nuovi mici che le sono stati affidati, li ha tenuti e cresciuti come fossero suoi. Tutte le sere usciva a passeggio, poi il mattino tornava a mangiare e ad allattare. Ma ieri sera non è uscita, è rimasta accanto al corpicino del figlio e lo ha pianto, presumo, tutta la notte. Stamattina, quando mi ha sentito, si è avvicinata alla porta, si è fatta vedere e mi ha quasi chiesto di seguirla, dove il piccolo giaceva senza vita. Beh, in questo atteggiamento io ci ho visto tanta umanità, tanto amore. E certo se ne vedono in giro di filmati di animali che restano anche per ore a sorvegliare il corpo senza vita di un loro simile, morto per un incidente stradale. Ma vederla dal vivo, così afflitta, con la coda bassa, lei che la teneva sempre orgogliosamente alta, mi ha fatto pensare. E ognuno può commentare, secondo il proprio punto di vista, la bellezza di quei sentimenti.

lunedì 7 giugno 2010

Leghisti e calciatori.

Leghisti e calciatori, queste due categorie chiamate in causa da due notizie.
La prima riguarda il solito Calderoli in vena di boutade. Sì, perché quella della riduzione degli stipendi dei calciatori non può che essere una boutade, e non per la proposta in sè, che alla fine può pure essere legittima. Tutti fanno i sacrifici, li facciano anche i calciatori. Faccio però presente al ministro che i calciatori non sono tenuti a dare alcun esempio, perché di questo stiamo parlando, non di tanti soldi. Semmai l'esempio avrebbero dovuto darlo i parlamentari, i quali se ne sono usciti con una mancetta, elemosinata da quattro gatti. Per non contare che gli stipendi delle società di calcio sono soldi privati, quindi si tratterebbe solo di quei soldi che eventualmente dovrebbero prendere in caso di vittoria. Non so se in tutto si arriverebbe a due, cinque o dieci milioni, da far annegare nel mare magnum dei debiti e della manovra che viene richiesta al governo da necessità interne, figlie di una politica economica dissennata, prima che dall'Europa.
La seconda notizia è il diversivo improvvisato da Marchisio sull'inno nazionale "che schiava di Roma LADRONA Iddio la creò". Chi ha visto il video su youtube, non credo possa avere dubbi sul fatto che sia andata così. E neanche credo che ci debbano essere ripercussioni disciplinari sul ragazzo che, per l'appunto, ha fatto una ragazzata, senza neanche rendersi conto della gravità di quello che faceva. Come non si può esportare la democrazia, non si deve imporre l'educazione, di qualunque tipo si tratti. Bisogna capire le ragioni e lavorare, da parte di una classe politica troppo distratta dall'inseguimento degli extracomunitari. Sarebbe il caso che personaggi che siedono sugli scranni di Roma, e che da Roma succhiano milioni per sè stessi e per i propri figli, comincino a dire chiaramente ai propri elettori che con la bandiera italiana non ci si pulisce il culo, che quando gioca la nazionale ci si sente fratelli, esattamente come quando la Schiavone, milanese, vince il Roland Garros. Bisogna educare i giovani all'unità nazionale. Questo è ancora, purtroppo, il compito gravoso che spetta alla classe politica dirigente del nostro disastrato Paese. L'alternativa è quella di sentire, o vedere, un ragazzotto della periferia torinese vilipendere il nostro inno, e non potergli neanche dire nulla perchè chi ci governa, negli anni, ha fatto decisamente di peggio.