Anche l'Italia, seppur con vent'anni di ritardo rispetto ad altri Paesi europei, sblocca il percorso della Ru486. Ieri, infatti, il Consiglio di amministrazione dell'Agenzia del farmaco italiana (Aifa) ha dato il nulla osta per l'immissione in commercio del Mifegyne (Mifeprostone), prodotto dalla ditta Exelgyne, "dopo aver espletato gli adempimenti previsti". Lo ha comunicato la stessa Agenzia in una nota, sottolineando che "il percorso seguito è stato assolutamente rispettoso dell'iter procedurale previsto dall'Emea (l'Ente regolatorio europeo) per il mutuo riconoscimento di un farmaco, verificandone efficacia, sicurezza e compatibilità con le leggi nazionali nel rispetto e a tutela della salute della donna. Condividendo le preoccupazioni di carattere etico che anche questo metodo di interruzione volontaria della gravidanza comporta, la Determina che verrà pubblicata in Gazzetta Ufficiale - prosegue l'Aifa - rimanda a Stato e Regioni le disposizioni per il corretto percorso di utilizzo clinico del farmaco all'interno del servizio ospedaliero pubblico, così come previsto dagli articoli 8 e 15 della legge 194 del 1978, e di cui l'Aifa non ha titolarità". Una decisione giunta "dopo uno scrupoloso iter di verifiche scientifiche, tecniche e legislative che ha richiesto molto tempo", rileva l'Aifa. "Sono state disposte restrizioni importanti all'utilizzo del farmaco, al solo fine della massima tutela della salute del cittadino, compito primario dell'Agenzia". Il disco verde del Cda "pone finalmente fine al possibile utilizzo improprio del farmaco e sgombra il campo da qualsiasi possibile interpretazione di banalizzazione dell'aborto e dal suo impiego come metodo contraccettivo". L'Aifa "naturalmente continuerà a offrire la propria competenza tecnico-scientifica alle Istituzioni, e al Senato in primis, per quanto concerne il percorso applicativo del provvedimento adottato".
Anche da noi, dunque, si dà l'avvio alla modalità non invasiva di interruzione della gravidanza, seppur con maggiori restrizioni che non in altri Paesi, non ultima la possibilità di utilizzo entro le prime sette settimane, anziché nove. E se è vero che questo va nella direzione della maggiore tutela della salute delle donne non possiamo che esserne lieti, indipendentemente da quello che uno può decidere o semplicemente pensare nella prospettiva di un aborto. Sicuramente questa è una buona notizia, diminuiranno gli interventi chirurgici, i traumi, pur nella salvaguardia fornita dalle strutture ospedaliere, perché è solo lì che si può somministrare il nuovo farmaco, nel rispetto di quanto prescritto nella 194. Una bella giornata di democrazia e di diritti, dunque. Speriamo che nel prossimo futuro, di queste giornate, ce ne possano essere altre.
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