"Non bisogna solo essere onesti, ma apparire onesti. E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no! [...] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!”. (Paolo Borsellino)

giovedì 22 ottobre 2009

Quattro amici al bar e le solite dichiarazioni di regime.

Ci sono notizie che, per quanto le mandi giù, riaffiorano su, per amore o per forza. Ieri, l'intervento di Alfano che, strano ma vero, è il nostro ministro della giustizia, ha fatto riaffiorare in me due-tre idee che avevo tentato di ricacciare nel mare del mio inconscio.
Mi ha fatto ripensare al dialogo tra due miei amici di destra, convinti e felici di esserlo, riguardo al pedinamento del giudice Mesiano. Secondo loro si è trattato di un banale pedinamento, molto più lieve delle foto di Zappadu a Villa Certosa. Se non fosse che Zappadu era un fotografo che, nella peggiore delle ipotesi, era a caccia di scoop e di soldi ed è riuscito a trovare notizie, per le quali si è aperta anche l'inchiesta sui voli di stato. Mentre nel caso del pedinamento era una vendetta di un uomo delle istituzioni che si è piegato ad un comportamento tra il mafioso e il terroristico e non cercava notizie, o perlomeno non solo, voleva soprattutto intimidire. Perché, pur non avendo trovato di fatto le notizie che cercava, ha pubblicato ugualmente il servizio, quasi a dire attento che ti teniamo d'occhio. Non ho risposto, li ho lasciati discutere, anche perché avevano esordito dicendo che Mesiano è quello che è stato promosso per la sentenza Mondadori. Erano così lontani dal mio modo di sentire che sarebbe stato impossibile cercare di fargli cambiare idea, cercare di spiegargli che la pratica della promozione era stata avviata ad aprile, ratificata a maggio, comunicata a settembre e diffusa ad ottobre dai media di regime, subito dopo la sentenza.
Poi, il nostro ministro, dopo aver minimizzato l'episodio del pedinamento considerandolo chiuso con le scuse del sedicente giornalista responsabile, ha enfatizzato le cosiddette minacce su facebook al primo ministro, suo capo. Ora, io frequento facebook e so che lì nascono migliaia di gruppi ogni giorno e chi ci si iscrive lo fa spesso per spitrito goliardico, soprattutto quando si tratta di cose di questo genere. Certo la morte non si augura a nessuno e io sono il primo a stigmatizzare la faccenda, ma addirittura avviare un'indagine della procura per questa cosa, con tutti i clandestini che hanno da arrestare, mi sembra un po' eccessivo, Forse il ministro della giustizia dimentica che il suo capo ha mimato il gesto del mitra ad una giornalista che aveva fatto una domanda scomoda a Putin, fresco di sospetto per aver fatto ammazzare, oltre che 200 giornalisti del suo Paese, anche Anna Politkovskaja, firma prestigiosa del conflitto con la Georgia (e poi dicono il nobel per la pace). Ma su quell'episodio, chissà perché, il ministro non si è mai espresso.
E' inutile, io sono fatto così, se non le dico le cose poi mi vanno di traverso e non riesco a digerirle.

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