Oggi ho sentito nominare la parola politica. Nel senso che le notizie principali parlano di politica, sia per quello che è successo al governatore del Lazio, sia per quello che accade nel PDL, a proposito della nomina di Tremonti a vicepremier, sia per la campagna ormai iniziata per le elezioni regionali. Io credo che tutto questo non sia politica. La politica, in questi tempi bui, è sparita dalle cronache e dalle notizie che ci vengono fornite dalla stampa. Non è politica il tatticismo, di cui si dovrebbe parlare solo in funzione del servizio che un uomo piuttosto che un altro può rendere ai cittadini. Ma cosa può dare di più ad un governo un nuovo vicepremier, come devo leggere in questa notizia un servizio ai cittadini? E le vicende del Lazio. Cosa ha dato ai cittadini la sospensione, e le probabili dimissioni, del governatore travolto da uno scandalo, se non un probabile anticipo delle elezioni di appena qualche settimana rispetto alla scadenza naturale. Cosa cambia dunque per i cittadini, se non il semplice nome del candidato del centro-sinistra, che è la coalizione colpita dallo scandalo? Cosa ci importa infine di una politica che sempre di più è autoreferenziale, basata sulle passerelle dei personaggi che vi partecipano, i quali si guardano bene dal riempire di contenuti le loro passerelle, fanno annunci come se stessero al bar con gli amici, per ottenere il consenso, come se stessero in perenne campagna elettorale, ben sapendo che quello che dicono non lo possono fare, perché sono tutti ricattabili. Tutti nessuno escluso. In primo luogo il presidente del consiglio, che è il più longevo della storia dell'Italia repubblicana e non è ancora stato capace di fare la riforma della giustizia che ha nel cuore, sia perché non vuole scontentare nessuno, sia perché sa benissimo che, una volta fatta la riforma non potrà più minacciare i magistrati di farla per davvero. O una seria riforma fiscale che prenda definitivamente il posto degli infiniti condoni. O una riforma della pubblica amministrazione che prescinda dalle sterili e inconcludenti offese ai dipendenti pubblici. O una riforma dell'immigrazione che guardi oltre le barche dei poveri cristi e cominci a dire chiaramente che queste rappresentano solo il 15 per cento dell'immigrazione e che si deve agire con professionalità anche sull'altro 85 per cento. O una seria riforma della scuola, dello stato sociale, della sanità, e così via discorrendo.
Ma anche una riforma della Costituzione e della politica, che costa troppo e funziona male. Allora mi viene in mente Beppe Grillo, i suoi temi veramente politici e il primo V-day, in cui, tra l'altro, si è detto chiaramente che si può candidare solo chi ha un fuoco dentro, una passione, ma soprattutto un'idea. E poi, trascorse al massimo due legislature, attuata, se possibile, quell'idea, si torna a fare quello che si faceva prima. Perché il vero male dell'Italia è la sedentarietà degli incarichi, a qualunque livello, ma sopprattuto al livello politico, perchè è lì che si genera la corruzione e il malaffare.
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