L'esigenza di colmare un vuoto normativo in materia di testamento biologico ha condotto alla predisposizione di un disegno di legge che, come ha anche affermato il senatore Ignazio Marino a Venezia, durante un recente congresso sulla desistenza terapeutica, va contro la Costituzione e la libertà degli individui ed è in controtendenza con le legislazioni adottate in materia dagli altri Paesi. Il testo, infatti, opera delle scelte morali negando la possibilità di interrompere le cure al paziente in stato vegetativo. In tal modo, si è piegato il principio costituzionale di cui all'articolo 32, che afferma chiaramente il diritto degli individui all'autodeterminazione, a scelte di natura etica da far valere soltanto per i casi di pazienti allo stato terminale.
Tra un nichilismo terapeutico ed un accanimento si colloca la 'desistenza terapeutica' come espressione di quell'etica dell'accompagnamento che è in sintonia con la deontologia. Per desistenza terapeutica si intende, infatti, la rinuncia da parte del medico di continuare terapie futili e inutili.
I due pilastri del rapporto medico-paziente sono da sempre il consenso informato e il legittimo rifiuto delle cure. Si deve riflettere sul non secondario problema, che anzi è di scottante attualità, posto dall'autodeterminazione dell'individuo che si ritenga vittima di un accanimento terapeutico e per questo esprima il consenso all'interruzione delle pratiche mediche salvifiche. In merito poi alla possibilità di non voler considerare l’alimentazione artificiale un trattamento medico vi sono state diverse prese di posizione. Gianfranco Fini, ad esempio, è tornato a parlare di un tema a lui caro - quello della laicità dello Stato - durante un incontro sulla Costituzione con studenti di Monopoli: "Il Parlamento deve fare leggi non orientate da precetti di tipo religioso. Il dibattito sulla bioetica è complesso e mi auguro che venga affrontato senza gli eccessi propagandistici che ci sono stati da entrambe le parti, perché queste sono questioni nelle quali il dubbio prevale sulle certezze". Così Livia Turco, capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera, ha commentato il rinvio della discussione della legge sull'accesso alle cure palliative e le terapie del dolore, prevista nel calendario dell'aula di Montecitorio per lunedì 25 maggio."La maggioranza e il governo fanno saltare la legge sulle cure palliative già in calendario per l'aula, dopo che la commissione Affari sociali ha concluso da un mese l'esame del provvedimento". Si potrebbe continuare, ma mi fermo qui, volevo solo dare l'idea della complessità della questione e del rischio che si corre se dalle aule parlamentari dovesse uscire una legge sbagliata.
I due pilastri del rapporto medico-paziente sono da sempre il consenso informato e il legittimo rifiuto delle cure. Si deve riflettere sul non secondario problema, che anzi è di scottante attualità, posto dall'autodeterminazione dell'individuo che si ritenga vittima di un accanimento terapeutico e per questo esprima il consenso all'interruzione delle pratiche mediche salvifiche. In merito poi alla possibilità di non voler considerare l’alimentazione artificiale un trattamento medico vi sono state diverse prese di posizione. Gianfranco Fini, ad esempio, è tornato a parlare di un tema a lui caro - quello della laicità dello Stato - durante un incontro sulla Costituzione con studenti di Monopoli: "Il Parlamento deve fare leggi non orientate da precetti di tipo religioso. Il dibattito sulla bioetica è complesso e mi auguro che venga affrontato senza gli eccessi propagandistici che ci sono stati da entrambe le parti, perché queste sono questioni nelle quali il dubbio prevale sulle certezze". Così Livia Turco, capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera, ha commentato il rinvio della discussione della legge sull'accesso alle cure palliative e le terapie del dolore, prevista nel calendario dell'aula di Montecitorio per lunedì 25 maggio."La maggioranza e il governo fanno saltare la legge sulle cure palliative già in calendario per l'aula, dopo che la commissione Affari sociali ha concluso da un mese l'esame del provvedimento". Si potrebbe continuare, ma mi fermo qui, volevo solo dare l'idea della complessità della questione e del rischio che si corre se dalle aule parlamentari dovesse uscire una legge sbagliata.
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