Fini ricomincia a parlare di etica e di laicità dello stato e subito scoppia il polverone. Quello che mi stupisce non è il principio espresso dal presidente della camera, ha detto cose che dovrebbero essere abbastanza scontate. Fini, infatti, ha detto semplicemente che uno stato non deve seguire la fede per le sue scelte politiche. Quello che mi stupisce è che ogni volta si solleva un polverone al solo sentire frasi di questo tipo. Io credo che uno stato debba porre dei limiti e delle regole che possano essere seguite da tutti, deve redigere leggi che possano rappresentare tutti, pur nel rispetto reciproco e nell'assenza di danno per ciascuno. Mi spiego. Nel momento in cui viene approvata una legge che regolamenta l'aborto o il divorzio, non è detto che tutti debbano divorziare o abortire. La legge c'è, chi vuol comportarsi secondo i dettami della religione cattolica, lo può fare, chi invece vuole decidere diversamente è anch'egli libero di seguire la propria idea, pur nel rispetto di quelle degli altri. Lo Stato, cioè, deve porsi a difesa di tutti i suoi cittadini, della loro libertà e del loro pluralismo. Anche perchè la religione cattolica non è l'unica religione che è praticata sul territorio italiano. Per cui non si può, ad esempio, vietare di mangiare carne di maiale perchè sul nostro territorio ci sono anche i musulmani, o vietare le trasfusioni di sangue perchè ci sono i testimoni di Geova. Ripeto, le leggi ci sono e ci devono essere, ma le regole devono, per forza di cose, essere ampie, rispettose del principio di non invadenza della libertà di ciascuno, ma allo stresso tempo rispettose della sensibilità di tutti. Alla luce di ciò, che come al solito mi sembra una banalità, non capisco come mai ogni volta che si fa riferimento a questi argomenti si solleva un polverone e questo mi sembra alquanto inquietante, come se vivessimo in uno stato, non laico, ma immerso in un regime integralista.
"Non bisogna solo essere onesti, ma apparire onesti. E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no! [...] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!”. (Paolo Borsellino)
martedì 19 maggio 2009
Leggi e stato laico
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