Ieri si sono incontrati, molto a distanza l'uno dall'altro, due vicende giudiziarie. Il processo ad Aung San Suu Kyi, leader dell'opposizione birmana e premio nobel per la pace e il processo a David Mills, avvocato inglese accusato di aver preso dei soldi dalla Fininvest per dire il falso nei processi in cui era coinvolto il suo presidente. Queste sono due storie lontane, che solo la coincidenza della data di ieri, in qualche modo accomuna. La politica birmana ha passato 13 degli ultimi 19 anni agli arresti domiciliari, per aver difeso le sue idee con fierezza in nome del popolo che l'aveva votata. Il politico italiano, pur accusato di reati vari, è riuscito a sfuggire ai relativi processi e, a tutt'oggi, non si riesce a capire quanto sia implicato in tutte o in parte delle cose di cui viene accusato. La politica birmana avrebbe finito di scontare gli arresti domiciliari il 27 maggio prossimo ed ora le arriva questa nuova tegola che rischia di mandarla in prigione, non più agli arresti domiciliari, per altri 5 anni. Il politico italiano, forte delle protezioni legislative che si è cucito addosso su misura, aspira, legittimamente, a diventare presidente della repubblica. Ma mentre i comportamenti, all'interno delle proprie nazioni d'origine, sono difformi, c'è un'altra giuria che deve decidere sulla assegnazione o meno di un premio prestigioso, il premio nobel per la pace, che ogni anno viene consegnato a persone degne, che hanno agito in tutta onestà, per meritarlo.
Dico questo perchè, a quanto pare, per il politico italiano si starebbero raccogliendo firme per una candidatura al premio nobel per la pace e si porta ad esempio il suo intervento nel conflitto fra la Russia e la Georgia, durante il quale sarebbe stata l'amicizia fra Putin e il politico italiano a scongiurare il peggio. Io non so come siano realmente andate le cose in quel frangente, ma oggi ho assistito all'accostamento fra una donna fiera, che probabilmente ancora una volta sarà condannata per le sue idee, e un uomo che invece non vuole dimostrare la sua innocenza in un processo regolare e quindi sfugge ad un'altra sentenza in virtù dell'ennesima legge ad personam. Sinceramente mi spiacerebbe vedere accostati i due nomi, in Svezia, alla ceriomonia di assegnazione del premio nobel per la pace. Certo i giurati sono persone e quindi anch'essi, in quanto tali, sono soggetti all'errore, ma sicuramente, nella sciagurata ipotesi, quel premio perderebbe ai miei occhi molto del suo valore.
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