Ora, non è che la Carfagna abbia inventato nulla di nuovo. Ha comunque il merito di aver preso coscienza di un problema, che assilla migliaia di persone, in prevalenza donne, e abbia cercato di dare una risposta con un provvedimento ad hoc.
Sto parlando dello stalking. Si tratta di un complesso fenomeno relazionale, indicato anche come "sindrome del molestatore assillante" e, seppur articolato in una moltitudine di dettagli, è tuttavia possibile descriverne i contorni generali. I protagonisti principali sono:
il "persecutore", la vittima, la relazione "forzata" e controllante che si stabilisce tra i due e finisce per condizionare il normale svolgimento della vita quotidiana della seconda, provocando un continuo stato di ansia e paura. La paura e la preoccupazione risultano, quindi, elementi fondanti e imprescindibili della "sindrome del molestatore assillante" per configurarla concretamente e darne la connotazione soggettiva che gli è propria. I comportamenti persecutori sono definiti come "un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati che inducono nella persona che le subisce un disagio psichico e fisico e un ragionevole senso di timore". Quindi, non sono tanto le singole condotte ad essere considerate persecutorie, ma piuttosto è la modalità ripetuta nel tempo, contro la volontà della vittima, che riassume in sé il principale significato delle condotte persecutorie. Lo stalking può presentare una durata variabile, da un paio di mesi fino a coprire un periodo lungo, anche di anni.
il "persecutore", la vittima, la relazione "forzata" e controllante che si stabilisce tra i due e finisce per condizionare il normale svolgimento della vita quotidiana della seconda, provocando un continuo stato di ansia e paura. La paura e la preoccupazione risultano, quindi, elementi fondanti e imprescindibili della "sindrome del molestatore assillante" per configurarla concretamente e darne la connotazione soggettiva che gli è propria. I comportamenti persecutori sono definiti come "un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati che inducono nella persona che le subisce un disagio psichico e fisico e un ragionevole senso di timore". Quindi, non sono tanto le singole condotte ad essere considerate persecutorie, ma piuttosto è la modalità ripetuta nel tempo, contro la volontà della vittima, che riassume in sé il principale significato delle condotte persecutorie. Lo stalking può presentare una durata variabile, da un paio di mesi fino a coprire un periodo lungo, anche di anni.
Lo stalking è considerato reato in diversi paesi del mondo e le norme anti-stalking sono volte a tutelare le vittime del reato.
In Italia le condotte tipiche dello stalking sono punite dal reato di "atti persecutori" (art. 612-bis c.p.). Tale reato è stato introdotto in Italia il 23 aprile 2009 con la conversione in legge del D.L. 23 febbraio 2009, numero 11 promosso, come detto, dal Ministro per le Pari Opportunità.
Esso costituisce una sorta di specializzazione della già esistente norma sulla violenza privata: delinea infatti in modo più specifico la condotta tipica del reato e richiede che tale condotta sia reiterata nel tempo e tale da «cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura» alla vittima. Ora, benvenuta sia questa specifica, è una norma al passo con i tempi che, però, pone il problema della sua applicazione. Se infatti la pena teorica può variare da 1 a 4 anni, quale sarà in pratica la pena vera che sconterà lo stalker, in uno Stato come il nostro? E se questa si dovesse rivelare irrisoria, con quale rabbia reagirà lo stalker, dopo aver scontato la sua pena? Queste domande naturalmente non sono un invito a mettere il carro davanti ai buoi, ma solo a ridflettere. Fatta la legge, il compito del ministro proponente non finisce qui. Bisognerà vigilare per la sua corretta messa in pratica, anche attraverso l'ausilio di psicologi e tecnici del settore. Non vorrei che se prima aggressore e vittima erano lasciati soli nell'atto del reato, ora vengano lasciati soli dopo la denuncia e lo sconto della relativa pena. In questo caso la cura sarebbe peggiore del male.
In Italia le condotte tipiche dello stalking sono punite dal reato di "atti persecutori" (art. 612-bis c.p.). Tale reato è stato introdotto in Italia il 23 aprile 2009 con la conversione in legge del D.L. 23 febbraio 2009, numero 11 promosso, come detto, dal Ministro per le Pari Opportunità.
Esso costituisce una sorta di specializzazione della già esistente norma sulla violenza privata: delinea infatti in modo più specifico la condotta tipica del reato e richiede che tale condotta sia reiterata nel tempo e tale da «cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura» alla vittima. Ora, benvenuta sia questa specifica, è una norma al passo con i tempi che, però, pone il problema della sua applicazione. Se infatti la pena teorica può variare da 1 a 4 anni, quale sarà in pratica la pena vera che sconterà lo stalker, in uno Stato come il nostro? E se questa si dovesse rivelare irrisoria, con quale rabbia reagirà lo stalker, dopo aver scontato la sua pena? Queste domande naturalmente non sono un invito a mettere il carro davanti ai buoi, ma solo a ridflettere. Fatta la legge, il compito del ministro proponente non finisce qui. Bisognerà vigilare per la sua corretta messa in pratica, anche attraverso l'ausilio di psicologi e tecnici del settore. Non vorrei che se prima aggressore e vittima erano lasciati soli nell'atto del reato, ora vengano lasciati soli dopo la denuncia e lo sconto della relativa pena. In questo caso la cura sarebbe peggiore del male.
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