"Non bisogna solo essere onesti, ma apparire onesti. E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no! [...] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!”. (Paolo Borsellino)

mercoledì 25 febbraio 2009

Ad esempio, la Martano-Soleto

L’Italia è un Paese dove è molto diffusa la cultura dell’illegalità. Altro che poeti, santi e navigatori, purtroppo siamo un paese di furbi, ipocriti e truffatori. Lo sport nazionale è scavalcare l’altro nella corsa verso il privilegio, anche se di bassa lega. In questo pessimo scenario, le istituzioni non aiutano certo ad un cambio di rotta. Chi ci governa, invece di prendere per mano i cittadini ed offrire loro dei degni modelli di riferimento, costruisce leggi adatte solo ad essere scavalcate, per poter incastrare gli inadempienti, ma solo al bisogno.
Ad esempio, sono sicuro che in pochi si sono accorti che il limite di velocità sulla Martano-Soleto è di 50 km/h. E di quelli che se ne sono accorti, quasi nessuno lo rispetta, ed il quasi non è riferito al personale appartenente alle forze dell'ordine (vigili, carabinieri, ecc.).
Questo è un piccolo esempio di come in Italia viene somministrato giornalmente il vaccino dell'illegalità. Violare nel poco, infatti, crea l'abitudine alla violazione, per cui, quando si viene pizzicati fuori dalle regole si esclama, con meraviglia e con stizza: ”Per così poco! Fanno tutti così”. E con questa motivazione giustifichiamo l'allargamento progressivo dei margini dell'illegalità, che ci portano a tacciare di giustizialismo chi vorrebbe riportare a livelli europei il rispetto delle regole. Se ci pensiamo bene, però, la parola giustizialismo non esiste. Esiste la giustizia o l'ingiustizia. Ciò che è giusto e ciò che non lo è. E solo rispetto a questa distinzione la magistratura giudica il nostro operato, interpretando le leggi. Il giustizialismo è una parola inventata da certa classe politica italiana, che cerca di difendersi, attaccando la magistratura e quanti auspicano un ritorno alla certezza della pena, uguale per tutti.
La stessa cosa riguarda le cinture di sicurezza. Quanti rappresentanti delle forze dell'ordine le allacciano? Eppure, per il beneficio che danno in termini di sicurezza, dovrebbero essere paragonate al casco per i motociclisti o al rispetto dei colori del semaforo. Invece niente. In città nessuno le allaccia e nessuno lo fa notare. E quando questo accade, visto l’andazzo, sorge sempre il sospetto che la multa sia stata fatta, non per un legittimo diritto da parte dell'esercente, ma più miseramente per arricchire le magre casse di comuni sempre sull'orlo della bancarotta.
Sono queste piccole cose che ci differenziano dal resto dell'Europa: la cultura dell'illegalità, la normalità di un popolo che viola con leggerezza le regole, a partire da chi invece dovrebbe farle rispettare. Ad esempio, tornando alla Martano-Soleto, è proprio impossibile stabilire un nuovo limite di velocità, più sensato, ed imporre ai cittadini di rispettarlo? (pubblicato su "Corte Grande", annoIV, n. 35, ottobre 2008)

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