Da qualche tempo è in cantiere una proposta di legge da parte del parlamento che regolamenti il ricorso ai cesarei in Italia. "Alla luce dei recenti dati ufficiali sulle nascite con taglio cesareo in Italia, infatti, si evince che nel nostro Paese qualcosa non funziona". Lo sostengono alcuni senatori appartenenti a vari partiti di maggioranza e dell'opposizione che hanno presentato una mozione bipartisan in cui si impegna il Governo a intervenire sulla materia.
Ma il fenomeno di un aumento dei parti cesarei non riguarda solo l'Italia. Negli ultimi 20-30 anni, ha infatti interessato molti paesi europei ed extra-europei con frequenze variabili che si collocano mediamente intorno al 20%. I paesi del Nord Europa (Norvegia, Finlandia, Svezia e Danimarca) pur avendo registrato un aumento dei cesarei (2-6% nel 1970 e 12-14% negli anni ’90) hanno arrestato il trend in crescita mantenendosi su proporzioni di cesarei pari al 15%. Gli Stati Uniti ed il Canada negli anni ’90 hanno arrestato l’ascesa percentuale dei cesarei che aveva superato il 20%. La prima raccomandazione ufficiale sulla percentuale appropriata di cesarei risale al 1985 a seguito di una consensus conference organizzata appositamente dall’OMS che concluse che il 10-15% di parti mediante taglio cesareo non doveva essere superato perché questo non avrebbe prodotto alcun beneficio aggiuntivo di salute per la madre e per il neonato.
In Italia nel 1999 la proporzione di parti cesarei ha superato il 30% e continua a crescere nel tempo (34% nel 2001) con notevoli variazioni regionali (18% nella Provincia di Bolzano e 53% in Campania).
Attualmente, come sottolineano i parlamentari interessati all'iniziativa, "i dati presentati parlano di una percentuale nazionale del 38,3% di parti con taglio cesareo, con picchi in alcune regioni fino al 60%, nettamente superiori alle statistiche dell'Ue che indicano una media del 23,7% e quelle degli Usa del 27,5%". L’utilizzo inappropriato di una pratica assistenziale di provata efficacia quale il cesareo non ha prodotto miglioramenti sostanziali negli esiti perinatali per le donne e per i bambini. Al contrario le regioni con un tasso medio di cesarei più basso della media nazionale hanno bassa mortalità perinatale e morbilità neonatale rispetto alle regioni con alto tasso di cesarei.
I senatori dunque chiedono al Governo di promuovere, di concerto con le Regioni e le Province Autonome, "un appropriato ricorso al parto con taglio cesareo, attraverso l'utilizzo di strumenti informativi adeguati a rilevare tutte le informazioni possibili legate alla fase pre-natale, all'evento nascita e al monitoraggio a un anno dalla nascita del bambino; e di introdurre e sviluppare strumenti di audit e feedback, efficaci e adattabili alle diverse realtà regionali importanti per controllare alcune delle cause dell'elevato ricorso al taglio cesareo".
Una bella iniziativa, spero proprio che vada in porto!
Ma il fenomeno di un aumento dei parti cesarei non riguarda solo l'Italia. Negli ultimi 20-30 anni, ha infatti interessato molti paesi europei ed extra-europei con frequenze variabili che si collocano mediamente intorno al 20%. I paesi del Nord Europa (Norvegia, Finlandia, Svezia e Danimarca) pur avendo registrato un aumento dei cesarei (2-6% nel 1970 e 12-14% negli anni ’90) hanno arrestato il trend in crescita mantenendosi su proporzioni di cesarei pari al 15%. Gli Stati Uniti ed il Canada negli anni ’90 hanno arrestato l’ascesa percentuale dei cesarei che aveva superato il 20%. La prima raccomandazione ufficiale sulla percentuale appropriata di cesarei risale al 1985 a seguito di una consensus conference organizzata appositamente dall’OMS che concluse che il 10-15% di parti mediante taglio cesareo non doveva essere superato perché questo non avrebbe prodotto alcun beneficio aggiuntivo di salute per la madre e per il neonato.
In Italia nel 1999 la proporzione di parti cesarei ha superato il 30% e continua a crescere nel tempo (34% nel 2001) con notevoli variazioni regionali (18% nella Provincia di Bolzano e 53% in Campania).
Attualmente, come sottolineano i parlamentari interessati all'iniziativa, "i dati presentati parlano di una percentuale nazionale del 38,3% di parti con taglio cesareo, con picchi in alcune regioni fino al 60%, nettamente superiori alle statistiche dell'Ue che indicano una media del 23,7% e quelle degli Usa del 27,5%". L’utilizzo inappropriato di una pratica assistenziale di provata efficacia quale il cesareo non ha prodotto miglioramenti sostanziali negli esiti perinatali per le donne e per i bambini. Al contrario le regioni con un tasso medio di cesarei più basso della media nazionale hanno bassa mortalità perinatale e morbilità neonatale rispetto alle regioni con alto tasso di cesarei.
I senatori dunque chiedono al Governo di promuovere, di concerto con le Regioni e le Province Autonome, "un appropriato ricorso al parto con taglio cesareo, attraverso l'utilizzo di strumenti informativi adeguati a rilevare tutte le informazioni possibili legate alla fase pre-natale, all'evento nascita e al monitoraggio a un anno dalla nascita del bambino; e di introdurre e sviluppare strumenti di audit e feedback, efficaci e adattabili alle diverse realtà regionali importanti per controllare alcune delle cause dell'elevato ricorso al taglio cesareo".
Una bella iniziativa, spero proprio che vada in porto!
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