Nello stesso giorno in cui disquisivo con alcuni amici della parola giustizialista (da cui è nato il post di ieri), mi sono trovato a parlare anche del fatto che, mentre tutti vanno in galera se sbagliano, i giudici non ci vanno mai. Così ho fatto tra me e me alcune riflessioni. Credo innanzitutto che si debba distinguere tra errori e reati. Partendo da questo principio arriveremo alla conclusione che anche i giudici quando commettono reati vanno a finire in prigione e ce ne sono diversi che sono stati processati, anche per fatti di corruzione. Per quel che concerne invece gli errori, credo che nessuno vada in galera, a meno che non incorra in fatti penalmente rilevanti, tipo l'omicidio colposo. Quindi nemmeno i magistrati, che comunque sono soggetti a sanzioni da parte del loro organo di controllo, subiscono trasferimenti per incompatibilità ambientali, o cose di questo genere. Ma prendiamo la categoria dei politici, quelli che spesso inveiscono contro la categoria dei magistrati. Avete mai visto un politico che paga per aver commesso un errore, aver proposto una legge sbagliata che, ad esempio, ha bisogno poi di un decreto incostituzionale per evitare di scarcerare 400 boss mafiosi? Io mai, anzi ho visto spesso politici che utilizzano i propri errori per fare propaganda, grazie alla complicità di un'informazione manipolata. Se, ad esempio Alfano, il nostro ministro della giustizia, dovesse pagare per i suoi errori, dovrebbe dimettersi. Vi sono, infatti, norme, come quella sulle intercettazioni, o sul processo breve, o sul legittimo impedimento o le varie riforme che promettevano una giustizia più efficiente e funzionale, che sono ferme in parlamento. Ce n'è una, invece, che porta il suo nome, che è stata approvata, è entrata subito in vigore ed è stata sconfessata un anno e mezzo dopo, il Lodo Alfano. Questa norma ha provocato lo stralcio della posizione del premier al processo Mills. Ora, se io fossi stato il premier, sapendo di essere innocente, tenendo conto che un ministro del mio esecutivo aveva fatto approvare una norma, poi ritenuta incostituzionale, che aveva intanto stralciato la mia posizione dal processo, impedendomi di provare la mia onestà, beh, abbiate pazienza, io lo avrei prima picchiato e poi costretto alle dimissioni, per incompetenza e per avere gravemente danneggiato la mia immagine. Altro che statuina del duomo in faccia!
"Non bisogna solo essere onesti, ma apparire onesti. E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no! [...] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!”. (Paolo Borsellino)
mercoledì 17 febbraio 2010
Perché il ministro Alfano si dovrebbe dimettere.
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