"Non bisogna solo essere onesti, ma apparire onesti. E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no! [...] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!”. (Paolo Borsellino)

domenica 29 settembre 2013

Julius aut Agnus

"Ad rivum eundem Lupus et Agnus venerant siti compulsi". Gli eventi di questi giorni fanno venire alla mente questa vecchia favola di Fedro. Un lupo e un agnello, i due protagonisti del racconto, si erano incontrati sulle sponde di un fiume per bere. Il lupo, pregustando un succulento bocconcino, cercò tutte le scuse, fino alla più strampalata, per dare una parvenza di legittimità alla sua azione di predatore. Così oggi, da parte del leader del centro-destra, si evoca la scusa del mancato accordo sull'IVA, per fare quello che era già in programma fin dal giorno dopo la pronuncia della Corte di Cassazione sul processo dei diritti Mediaset. Quella sentenza inequivocabile di condanna è suonata come gli squilli di tromba di una guerra annunciata, e finalmente dichiarata a dei finti alleati che, per ingenuità o complicità, lo sapremo dalla storia, hanno fino all'ultimo fatto finta di non vedere.
Se le cause di questa guerra annunciata sono fin troppo chiare, meno chiara, per il fatto che non abbiamo il dono della preveggenza, è l'esito che questa storia avrà. Il Presidente del Consiglio ha la possibilità di fare quello che fece Andreotti nel lontano 1990. Il quel periodo, infatti, cinque ministri della sinistra democristiana, si dimisero in dissenso con l'approvazione della norma sugli spot televisivi attraverso la quale la legge Mammì rendeva la Fininvest oligopolista. Anche in quell'occasione il protagonista della vicenda era quella stessa persona che, allora come ora, attraverso lo strumento del potere politico utilizzato a fini personali, disseminava il germe della discordia per la realizzazione di un interesse privato. Andreotti non fece una piega e, per compiacere al proprio alleato Craxi, a sua volta amico del proprietario di Fininvest (poi Mediaset), nominò altri cinque ministri dall'oggi al domani, chiese ed ottenne una nuova fiducia dal Parlamento e riuscì a completare così la legislatura.
Oggi Letta ha la possibilità di ripetere, a parti invertite la storia, con la destra che si dimette e gli interessi da tutelare che sono opposti ai desiderata del proprietario di Mediaset. Può rifare il verso ad Andreotti e rischiare, chiedendo una nuova fiducia alle Camere, oppure può dichiararsi sconfitto fin da subito ed essere inghiottito dalla storia, lasciando il posto ad un altro governicchio che sia in grado, come minimo, di far approvare una nuova legge elettorale e la legge di stabilità. La storia è lì che aspetta una sua risposta.

2 commenti:

  1. A quando un ricovero forzato per questo caimano ?????????????????'

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  2. la chiamano così adesso la detenzione?

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