"Non bisogna solo essere onesti, ma apparire onesti. E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no! [...] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!”. (Paolo Borsellino)

domenica 15 settembre 2013

Il buon senso

Negli ultimi anni della nostra sciagurata repubblica, abbiamo imparato a convivere con parole nuove che la politica ci ha imposto per alleggerire il significato di certe decisioni indigeribili. In Italia infatti siamo maestri nel cercare termini barocchi per poetizzare quello che poetico non è. In Germania questo non accade, così come non accade in Paesi dove il linguaggio anglosassone asciutto non permette fronzoli e ghirigori. E infatti lì tutto funziona bene, perché la gente sa benissimo a cosa va incontro nel caso di decisioni prese dalla classe politica. Qui da noi invece con le parole si cerca di nascondere la verità, che in quanto tale, e in quanto meritevole di essere nascosta, è naturalmente scomoda. Prendete per esempio parole come giustizialista, modernizzare, e tante altre che hanno colorato negli anni la nostra vita.
Ora però, le parole singole non bastano più, negli ultimi tempi c'è stato il salto di qualità. Dalle parole di è passati alle locuzioni. In primis ha cominciato il Capo dello Stato con la sua Moral Suasion, che significherebbe persuasione morale, ma che in realtà significa mettere lo zampino laddove il Capo dello Stato non può e suggerire le modifiche alle leggi mentre il Parlamento ci sta ancora lavorando. Cominciava così, a nostra insaputa, il regno di Re Giorgio I. Recentemente siamo passati alla famigerata agibilità politica, un'altra bella locuzione per dire grazia, ma senza far vedere che è un'elemosina data da un Paese ridotto in povertà ad un uomo ricco; perché, come ben sappiamo, quando il povero dà al ricco il Diavolo se la ride. Infine siamo arrivati ai giorni nostri, in cui è molto gettonata la locuzione buon senso. E' pronunciata da Squinzi, Presidente di Confindustria, in merito alle decisioni da prendere sull'ILVA. Come se col buon senso i morti saranno meno morti, i disoccupati meno disoccupati e i delinquenti che non hanno speso i soldi per le innovazioni, causando la più grande catastrofe ambientale della storia nella più bella insenatura del mondo, potranno essere meno delinquenti. Il buon senso emerge anche a proposito della decadenza di un altro delinquente da senatore della Repubblica. Come se un senatore possa continuare a decidere il futuro dei miei figli anche se ha commesso dei reati ed è stato condannato in via definitiva. Accada quel che accada, minacce comprese.
Quando parole e locuzioni cominceranno a non avere più effetto sugli italiani, allora vorrà dire che siamo diventati un popolo maturo.

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