Discriminazione. Questa è la parola chiave che ha chiuso in maniera nefasta il vecchio anno ed ha aperto con il ridicolo e l'ipocrita il nuovo. Ma, come al solito, andiamo per ordine.
Prima è venuto il discorso del Papa sugli omosessuali, che sarebbero contro la pace nel mondo; un discorso, quello, venuto il giorno dopo la visita di una donna che, nel suo paese, era stata sostenitrice di una legge che, tra le altre cose, propone la pena di morte per gli omosessuali. Ma lì, il pontefice (con la lettera minuscola) non ha fatto altro che perseverare nell'errore prorogato per secoli dalle disposizioni di una Chiesa (con la maiuscola in quanto rappresentante, non dei fedeli, ma delle gerarchie) sessuofoba, omofoba e intrisa di omosessuali. Poi è venuto l'episodio del parroco che invitava le donne a farsi un'esame di coscienza sul proprio comportamento non proprio cristallino col quale, quindi, istigherebbero alla violenza. Ma il parroco non ha sottolineato in maniera inequivocabile che la violenza non è mai una risposta e non è mai giustificabile, soprattutto quando sfocia nell'omicidio. Senza contare che una persona, col suo corpo, ha il sacrosanto diritto di fare ciò che vuole, purché nell'ambito della legge e di regole sociali condivise. Naturalmente a questi due episodi ha fatto seguito una pioggia di critiche e pernacchie da parte della chiesa dei fedeli (quindi con la minuscola), e dei distinguo misti a giustificazioni da parte della Chiesa delle gerarchie.
E veniamo all'anno nuovo. Coro di critiche a seguito dell'episodio che ha visto coinvolto il calciatore Boateng. Naturalmente le critiche sono andate tutte agli spettatori (non chiamiamoli tifosi, per piacere) che avevano indirizzato i loro cori razzisti al calciatore ghanese. Tutto giusto, dalla reazione del calciatore e dei suoi compagni di squadra ai corsivi apparsi in internet, nei telegiornali, nei radiogiornali e tutto il resto. Mi chiedo, però, cosa sarebbe accaduto se invece che un'amichevole contro una squadra di categoria molto inferiore, fosse stata una importante partita di campionato o di coppa? E qual'è stato il rispetto per quelle persone che pure hanno contestato gli spettatori razzisti, ma che avevano pagato il loro sacrosanto biglietto d'ingresso e non hanno potuto assistere alla partita? Allora, forse, bisogna dire che i discriminati non sono stati solo i calciatori, ma anche gli spettatori corretti e la serietà di un sistema che ha ancora tanta strada da percorrere.
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