"Non bisogna solo essere onesti, ma apparire onesti. E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no! [...] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!”. (Paolo Borsellino)

giovedì 31 marzo 2011

Il tempo stringe.

"Vi compatisco", ha dichiarato un nervoso e sprezzante presidente del consiglio ieri alla conferenza stampa, in cui un giornalista gli aveva chiesto se la prescrizione breve non poteva essere una nuova legge ad personam, in quanto cancellava di fatto il processo Mills.

Ma andiamo per ordine. Ieri un assessore della giunta comunale di Napoli ha lanciato l'allarme per i cumuli di rifiuti che affollano ancora la città dopo tutte le promesse e i tempi forniti per la risoluzione del problema. L'altro giorno a Forum una coppia di deficienti era stata (molto probabilmente) pagata per dichiarare il falso in merito alla ricostruzione della città terremotata dell'Aquila. Dalle loro porole, anzi, dalle parole di una di essi la città era completamente libera dalle macerie e chi continuava a stare negli alberghi lo faceva esclusivamente per una propria comodità e parassitismo. Per conoscere la verità, ovviamente, basta informarsi da fonti obiettive (per esempio farsi un giro all'Aquila). Ieri il presidente del consiglio prometteva che avrebbe liberato Lampedusa dagli immigrati in 48-60 ore. Visti i precedenti, quelli appena citati, ma gli esempi delle promesse non mantenute potrebbero continuare, mi è venuto un brivido alla schiena. Contemporaneamente a Roma c'era una forte bagarre per l'arrivo alla Camera del provvedimento sulla prescrizione breve, con forti litigi dentro e lanci di monetine fuori (se non siamo arrivati alla cacciata di Craxi, poco ci manca). In questo clima il premier ha dato la suddetta risposta ad un giornalista in una conferenza stampa ufficiale.

Mi sorge spontaneo un dubbio. Se le cose non stanno come ha chiesto e sospettato quel giornalista, se cioè quello della prescrizione breve non è l'ennesima legge ad personam, poteva essere inserito nella riforma epocale già pronta e in attesa di essere calendarizzata, che bisogno c'era di affrettare i tempi. Ma ammettiamo che ci fossero tutte le ragioni per affrettare i tempi, ragioni strategiche, di governo, che io non voglio indagare, perché rendere la norma retroattiva, contravvenendo a quello che dispone la giurisprudenza e la Costituzione. E ancora, se questa norma serve così, retroattiva, perché è un bene per i cittadini e segue la linea del governo, perché il nostro non rinuncia alla prescrizione visto che continua a dichiarare che il processo Mills e una cosa ridicola, inventata dai magistrati comunisti per incastrarlo. Affronti il processo e ne esca pulito, se davvero così stanno le cose.

Nel frattempo c'è stato anche un rimpasto di governo con la nomina a ministro di un senatore, Romano, che oltre che fare parte dei Responsabili, è fortemente sospettato di legami con la mafia. Se così stanno le cose, si sono ottenuti due obiettivi, tenere a bada i Responsabili, che scalpitavano, e dare un forte segnale alla mafia. L'impressione è che i ricatti aumentano e la solidità del governo scricchiola, forse per questo la prescrizione breve non poteva aspettare oltre.

lunedì 28 marzo 2011

Confusione e populismo.

Si sente dire da più parti che i giudici non pagano mai, che sono l'unica categoria in Italia che non paga per i propri errori e che sono stati traditi i referendum del 1987 sulla responsabilità civile dei magistrati. Mi sono informato e ho scoperto che le cose non stanno proprio così.

Innanzitutto ho consultato Wikipedia, un organismo che io ritengo terzo ed attendibile: "I referendum abrogativi dell'8 novembre 1987 si conclusero con una netta affermazione dei «sì», che di media nei 5 quesiti raggiunsero circa l' 80% delle preferenze. Dopo la scelta degli italiani circa la responsabilità civile dei giudici, il Parlamento approvava la cosiddetta «legge Vassalli» (legge 13 aprile 1988 n. 117, votata da Pci, Psi, Dc) che, secondo i Radicali, si allontanava decisamente dalla decisione presa dagli italiani nel referendum, facendo ricadere la responsabilità di eventuali errori non sul magistrato ma sullo Stato, che successivamente poteva rivalersi sullo stesso, ma solo entro il limite di un terzo di annualità dello stipendio. Dall'epoca della sua entrata in vigore, nessuna sentenza di condanna è mai stata pronunciata sulla base di tale legge."

Allora, mi sono detto, i referendum non sono stati disattesi, una legge è stata fatta. Certo, non ha soddisfatto i Radicali, ma questa è una cosa che può accadere in politica, non sempre tutte le forze politiche sono soddisfatte delle norme prodotte dal Parlamento, anzi, per dirla tutta, non accade quasi mai un'ampia convergenza. In secondo luogo se i magistrati non pagano non è colpa della legge che, ripeto, c'è, ma dello Stato che non la applica. Pensate che i magistrati sarebbero costretti a pagare un terzo delle mensilità annuali, se ciò avvenisse. Infine, bisogna dire che il magistrato non può essere assimilato al chirurgo. Quest'ultimo, infatti, è chiamato a correggere un errore, se ce la fa bene, se sbaglia può essere denunciato dal paziente. Il magistrato ha l'obbligo dell'azione penale e deve punire chi non rispetta la legge. Quasi mai, quindi, riesce ad accontentare tutti. Se assolve, scontenta le vittime, se condanna scontenta i carnefici, e tutti potrebbero chiedere risarcimenti. Ma facciamo un esempio. Spesso le sentenze di condanna si basano su indizi o su costruzioni relative ai contesti. Mettiamo che in primo grado l'imputato viene condannato, in secondo grado assolto. Chi paga? Il giudice che ha condannato o quello che ha assolto? Nel caso plateale di condanna, con prove di innocenza non considerate, abbiamo detto che la legge per colpa grave (e dolo) c'è già. Allora quale riforma vogliamo. Siamo sicuri che vogliamo andare verso una giustizia in cui i giudici non decidono per evitare rogne? Siamo sicuri che è meglio addirittura eliminare l'obbligatorietà dell'azione penale ed evitare al giudice anche l'obbligo di indagare? Alla fine i magistrati diranno, ma chi me lo fa fare? Non sono obbligato, se decido mi denunciano, sto fermo e zitto e incasso lo stipendio gratis.

Detto questo ho anche recuperato un rapporto del CEPEJ, un organismo internazionale di controllo, quindi fuori da ogni sospetto di schieramenti italiani il quale, tra le altre cose, ha scoperto che: "altra critica ricorrente mossa alla magistratura italiana, attiene alla presunta inefficacia del sistema disciplinare che fa capo al C.S.M. che, essendo in prevalenza costituito da magistrati, non applicherebbe quasi mai sanzioni alla categoria che lo esprime. In ordine a tale tema, può essere utile esaminare i dati statistici relativi alle sanzioni disciplinari applicate dal C.S.M. rispetto a quelle applicate dagli altri organismi disciplinari europei. E’ interessante notare che, nel corso dell’anno 2006, secondo il rapporto citato (tabelle n. 100 e seguenti), in Italia sono stati attivati 92 procedimenti disciplinari contro Giudici e P.M. ed applicate 66 sanzioni. Un numero forse contenuto ma certamente maggiore delle 14 sanzioni disciplinari applicate in Francia, delle 29 in Germania, delle 24 in Spagna. Se tali dati vengono poi divisi per il numero dei magistrati dei diversi paesi, emerge quanto segue: Quadro 5: numero delle sanzioni disciplinari applicate ogni 1000 magistrati: ITALIA 7,5; Austria 8; Belgio 2,5; Francia 0,5; Germania 1; Portogallo 13; Spagna 3,5; Regno Unito 5. Salvo che per il Portogallo e l’Austria, dunque, in Italia vengono comminate ai magistrati sanzioni 2 volte maggiori di quelle comminate in Spagna, 7 volte maggiori di quelle comminate in Germania e 15 volte superiori di quelle comminate in Francia.

Resta una domanda, perché i politici non pagano mai? Intendo, quando approvano leggi bocciate dalla Consulta o dalla Corte Costituzionale o da altri organi che ne hanno facoltà, perché non vengono dimessi d'ufficio, radiati dalla carriera politica per tornare a fare quello che facevano prima?

mercoledì 23 marzo 2011

Domande di distrazione di massa.

Mi hanno chiesto se sono interventista o pacifista. La domanda era tendenziosa, soprattuto sapendo cosa pensa di me chi me l'ha posta. Per lui sono una di quelle cosiddette anime belle, quelle che non vogliono sporcarsi e che poi non hanno mai soluzioni ai problemi. Il partito del no a tutti i costi. No alla guerra, no alle pale eoliche, no al nucleare, no a qualunque cambiamento purché fatto dal centro-destra. Beh, sono spiacente, ma le cose non stanno proprio così.
E comunque in questo momento credo che la guerra sia un finto problema. Se la sbrighino i politici che l'hanno dichiarata, noi purtroppo non possiamo farci più nulla, non ci hanno chiamato a decidere e ci hanno fatto trovare davantri al fatto compiuto, con la foglia fi fico della risoluzione dell'ONU. Come anni fa ci fu la foglia di fico delle armi di distruzione di massa, che per inciso non furono mai trovate. Allora a bombardare accanto ad uno scellerato Bush, fu l'Inghilterra e il suo primo ministro Blair. Oggi il primo a bombardare è stato Sarkozy, senza chiedere il permesso a nessuno, a mo' di armata brancaleone. Infatti prima ha bombardato e poi ha parlato con gli alleati per l'organizzazione della spedizione. Non vedeva l'ora, evidentemente aveva interessi troppo forti da difendere.
Ma il problema oggi non è la guerra, su cui, ripeto, non possiamo farci nulla, ma la difesa del referendum sul nucleare e sull'acqua pubblica. Stanno crecando intanto di non parlarne più e il Mozart di questa linea è, neanche a dirlo, il direttore del TG1. Accanto a questo si sta facendo passare una moratoria, oggi dovrebbe essere il giorno decisivo, per evitare di parlare e di prendere decisioni affrettate sul nucleare per almeno un anno. Cioè, per un anno non si fa nulla, poi fra un anno si decide. Nel frattampo non si farà nulla neanche per approntare un serio programma energetico, un piano di sviluppo delle energie rinovabili o alternative in genere. Un po' come si fece con l'indulto. Le carceri erano piene così liberarono un po' di gente, con la promessa di risolvere il problema. Nel frattempo non si è fatto nulla e le carceri oggi sono tornate ad essere piene come prima e più di prima. Io credo che, moratoria o non moratoria, il referendum si debba fare. Poi una volta raggiunto il risultato, si deciderà fra un anno quale strada prendere per risolvere i nostri problemi energetici. Naturalmente è fratello gemello il problema dell'acqua pubblica. Andare in una direzione diversa sarebbe come imporre una tassa sull'utilizzo dell'aria per respirare. Un assurdo! Questi sono i problemi per la cui soluzione ci dobbiamo battere alto che guerra!

lunedì 14 marzo 2011

Due più due.

C'è una cosa che non mi va né su né giù. Mi ronza nel cervello da qualche giorno e non riesco a scacciarla via. Il pensiero è sempre rivolto alla epocale riforma della giustizia. Sono convinto che non si tratti della solita legge ad personam, così come credo che è un passo che ci voleva da parte del governo che, finalmente, invece di continuare a lemantarsi dei giudici e della giustizia, ha fatto quello che doveva fare: abbandonare la politica delle leggine e cominciare seriamente ad affrontare i nodi che più gli stanno a cuore con una riforma organica. Eppure, tralasciando di entrare nel merito del disposto normativo, per quanto il metodo sembrasse finalmente ineccepibile, c'era qualcosa che non mi tornava. Così, conoscendo i miei polli, ho cercato di capire meglio. Ricapitoliamo. Giorni fa il presidente del consiglio ha dichiarato che parteciperà a tutte le sedute dei processi nei quali è coinvolto, dando come giorno disponibile il lunedì, naturalmente da concordare di volta in volta. Così, dopo anni di difesa dai processi, preferita alla difesa nei processi, finalmente decide di farsi processare, che strano. Pochi giorni dopo spunta fuori questa riforma epocale. Le due cose sembrano non avere nulla a che vedere l'una con l'altra ma, pensandoci bene, facendo due più due, i conti tornano.
Il Caimano, non potendo fare altrimenti, in questa occasione, ha deciso di presentarsi davanti ai giudici però, prima di farlo, dopo anni di sterili dichiarazioni, ha posto le basi per una riforma della giustizia che porti i giudici a fare i conti con la responsabilità civile e con la separazione delle carriere, rincarando la dose con la fine della obbligatorietà dell'azione penale, che è uno dei capisaldi della Costituzione. Naturalmente aveva previsto che i magistrati non solo avrebbero detto di no, ma avrebbero parlato di riforma punitiva. Così ora, quando sarà giustamente condannato nei processi che lo vedono coinvolto, potrà sempre dire che la sentenza non era dettata dalle regole del diritto ma dal desiderio di vendetta da parte di una casta inviperita per la sua riforma della giustizia. A quel punto avrà gioco facile nell'indossare i panni della vittima davanti ai suoi sostenitori, nascondendo sotto di essi i denti aguzzi del Caimano.
Cosa fare. Lasciamolo fare, tanto questa riforma non si farà, è una cosa che non vuole nessuno, tanto meno il centro-destra, se pure dovesse passare di stretta misura, così com'è verrà sonoramente bocciata dal referendum confermativo. L'opposizione farebbe meglio a portare in aula i suoi emendamenti e le sue proposte, in maniera costruttiva perché, sinceramente, di una riforma della giustizia seria c'è maledettamente bisogno, quindi tanto vale cominciare. Evitare scontri verbali, dichiararsi disponibili al confronto, in questo modo non ci sarà solo lui ad ergersi rispetto agli altri come paladino delle riforme e quindi si potrà evitare di farlo sembrare vittima della magistratura, che giustamente lo condannerà le sue malefatte, senza far apparire questo come l'ennesima, presunta azione di giustizia ad orologeria.