"Non bisogna solo essere onesti, ma apparire onesti. E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no! [...] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!”. (Paolo Borsellino)

lunedì 28 marzo 2011

Confusione e populismo.

Si sente dire da più parti che i giudici non pagano mai, che sono l'unica categoria in Italia che non paga per i propri errori e che sono stati traditi i referendum del 1987 sulla responsabilità civile dei magistrati. Mi sono informato e ho scoperto che le cose non stanno proprio così.

Innanzitutto ho consultato Wikipedia, un organismo che io ritengo terzo ed attendibile: "I referendum abrogativi dell'8 novembre 1987 si conclusero con una netta affermazione dei «sì», che di media nei 5 quesiti raggiunsero circa l' 80% delle preferenze. Dopo la scelta degli italiani circa la responsabilità civile dei giudici, il Parlamento approvava la cosiddetta «legge Vassalli» (legge 13 aprile 1988 n. 117, votata da Pci, Psi, Dc) che, secondo i Radicali, si allontanava decisamente dalla decisione presa dagli italiani nel referendum, facendo ricadere la responsabilità di eventuali errori non sul magistrato ma sullo Stato, che successivamente poteva rivalersi sullo stesso, ma solo entro il limite di un terzo di annualità dello stipendio. Dall'epoca della sua entrata in vigore, nessuna sentenza di condanna è mai stata pronunciata sulla base di tale legge."

Allora, mi sono detto, i referendum non sono stati disattesi, una legge è stata fatta. Certo, non ha soddisfatto i Radicali, ma questa è una cosa che può accadere in politica, non sempre tutte le forze politiche sono soddisfatte delle norme prodotte dal Parlamento, anzi, per dirla tutta, non accade quasi mai un'ampia convergenza. In secondo luogo se i magistrati non pagano non è colpa della legge che, ripeto, c'è, ma dello Stato che non la applica. Pensate che i magistrati sarebbero costretti a pagare un terzo delle mensilità annuali, se ciò avvenisse. Infine, bisogna dire che il magistrato non può essere assimilato al chirurgo. Quest'ultimo, infatti, è chiamato a correggere un errore, se ce la fa bene, se sbaglia può essere denunciato dal paziente. Il magistrato ha l'obbligo dell'azione penale e deve punire chi non rispetta la legge. Quasi mai, quindi, riesce ad accontentare tutti. Se assolve, scontenta le vittime, se condanna scontenta i carnefici, e tutti potrebbero chiedere risarcimenti. Ma facciamo un esempio. Spesso le sentenze di condanna si basano su indizi o su costruzioni relative ai contesti. Mettiamo che in primo grado l'imputato viene condannato, in secondo grado assolto. Chi paga? Il giudice che ha condannato o quello che ha assolto? Nel caso plateale di condanna, con prove di innocenza non considerate, abbiamo detto che la legge per colpa grave (e dolo) c'è già. Allora quale riforma vogliamo. Siamo sicuri che vogliamo andare verso una giustizia in cui i giudici non decidono per evitare rogne? Siamo sicuri che è meglio addirittura eliminare l'obbligatorietà dell'azione penale ed evitare al giudice anche l'obbligo di indagare? Alla fine i magistrati diranno, ma chi me lo fa fare? Non sono obbligato, se decido mi denunciano, sto fermo e zitto e incasso lo stipendio gratis.

Detto questo ho anche recuperato un rapporto del CEPEJ, un organismo internazionale di controllo, quindi fuori da ogni sospetto di schieramenti italiani il quale, tra le altre cose, ha scoperto che: "altra critica ricorrente mossa alla magistratura italiana, attiene alla presunta inefficacia del sistema disciplinare che fa capo al C.S.M. che, essendo in prevalenza costituito da magistrati, non applicherebbe quasi mai sanzioni alla categoria che lo esprime. In ordine a tale tema, può essere utile esaminare i dati statistici relativi alle sanzioni disciplinari applicate dal C.S.M. rispetto a quelle applicate dagli altri organismi disciplinari europei. E’ interessante notare che, nel corso dell’anno 2006, secondo il rapporto citato (tabelle n. 100 e seguenti), in Italia sono stati attivati 92 procedimenti disciplinari contro Giudici e P.M. ed applicate 66 sanzioni. Un numero forse contenuto ma certamente maggiore delle 14 sanzioni disciplinari applicate in Francia, delle 29 in Germania, delle 24 in Spagna. Se tali dati vengono poi divisi per il numero dei magistrati dei diversi paesi, emerge quanto segue: Quadro 5: numero delle sanzioni disciplinari applicate ogni 1000 magistrati: ITALIA 7,5; Austria 8; Belgio 2,5; Francia 0,5; Germania 1; Portogallo 13; Spagna 3,5; Regno Unito 5. Salvo che per il Portogallo e l’Austria, dunque, in Italia vengono comminate ai magistrati sanzioni 2 volte maggiori di quelle comminate in Spagna, 7 volte maggiori di quelle comminate in Germania e 15 volte superiori di quelle comminate in Francia.

Resta una domanda, perché i politici non pagano mai? Intendo, quando approvano leggi bocciate dalla Consulta o dalla Corte Costituzionale o da altri organi che ne hanno facoltà, perché non vengono dimessi d'ufficio, radiati dalla carriera politica per tornare a fare quello che facevano prima?

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