"Non bisogna solo essere onesti, ma apparire onesti. E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no! [...] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!”. (Paolo Borsellino)

venerdì 24 agosto 2012

E' rigore quando arbitro fischia

Io credo che in questo momento storico, in Italia, manchi il rispetto per le istituzioni. Tutto si può mettere in discussione, come in una famiglia in cui ogni parola del padre viene analizzata e discussa dai figli. Che poi sia il sale della democrazia, è un fatto, ma che ci debba per forza essere un limite a tutto è un altro fatto. Un vecchio allenatore di calcio, Boskov, scomparso anni orsono, diceva: "E' rigore quando arbitro fischia", mettendo così fine alle infinite elucubrazioni di talk show e tifosi in genere sui singoli episodi che avevano caratterizzato le partite della domenica. In Italia dobbiamo imparare a rispettare le sentenze, se è necessario impugnarle, ma alla fine, sempre, rispettarle, non criticarle in continuazione, in uno sterile esercizio che non giova a nessuno. Lo diceva perfino il mafioso Andreotti. Credo che sia giunto il momento di smetterla con questa continua lamentela sul lavoro dei giudici, sportivi e non sportivi. Ma tant'è, se è vero che il pesce puzza dalla testa, ha cominciato il capo dello Stato che, con la vicenda della trattativa Stato-mafia, si è posto in continuità con anni di denigrazioni e disconoscimenti da parte di una infinita schiera di politici in mala fede che via via hanno parlato di giustizialismo, giustizia a orologeria, giudici politicizzati, uso politico della giustizia, ribaltamento del voto popolare con l'arma della giustizia e così via blaterando a vanvera. Poi è arrivata l'ora dell'ILVA di Taranto, con tutti i suoi strascichi e la minaccia che i tarantini devono scegliere fra la morte di fame o la morte di malattia, dimenticando che fino ad oggi gli imprenditori dell'ILVA, come quelli della Costa Concordia, si sono arricchiti risparmiando sulla sicurezza della gente. Infine è arrivato perfino il piccolo Conte a gridare vergogna contro una sentenza che, a sentire le cronache e i commenti gli è andata di lusso, senza contare che, come ha detto giustamente il suo collega Zeman, se Conte è stato condannato non dovrebbe neanche dirigere gli allenamenti della sua squadra.

E' rigore quando arbitro fischia, questa è la regola, tutto il resto è maleducazione, populismo, denigrazione e inutile esercizio di masturbazione cerebrale.

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