Giusto o sbagliato che sia, è stato sottoposto all'attenzione dei cittadini, medici e non, un appello che invita ad un ripensamento in merito alla legge sul fine vita che è stata portata in Parlamento ed è in attesa di approvazione. il titolo dell'appello è "Io non costringo, curo."
«I medici non vogliono una legge che costringa a mantenere in vita con tecnologie straordinarie o sproporzionate chi ha deciso di rifiutarle in modo consapevole e non ha più una ragionevole speranza di recupero». Sostengono anche che «non vogliono calpestare, per scelte legislative ideologiche, la deontologia professionale e la stessa Costituzione che garantiscono il rispetto della volontà dell'individuo sulle terapie da effettuare». Non vogliono poi che l'idratazione e la nutrizione artificiale «siano strumentalmente considerate nella legge come "pane ed acqua", in contrasto con la comunità scientifica internazionale e negando l'evidenza della necessità per la loro somministrazione di competenze mediche e sanitarie». Nell'appello si chiede infine di «poter lavorare secondo scienza e coscienza in una alleanza terapeutica con la persona assistita, alla quale devono sempre essere garantite la dignità e la decisione finale». Tra gli altri, non ha nascosto la sua preoccupazione la neurologa Daniela Tarquini, direttore Uoc neurologia del Nuovo Regina Margherita di Roma, fra le prime firmatarie dell'appello. ''Il rifiuto delle cure non prevede limiti, perche' le cose dovrebbero cambiare nel momento in cui si perde coscienza? E' un'ipotesi inammissibile'' ha affermato. ''Nel momento in cui si perde lo stato di coscienza si perdono anche i diritti che vanno automaticamente a chi ha vinto le elezioni?'', si chiede Marino, auspicando un ''ripensamento, una riflessione su questo tema'' senza nascondere la preoccupazione sugli effetti che le nuove norme potranno avere in termini di nuovi ricorsi alla magistratura ''che dovra' cambiare una legge che e' contro la nostra Costituzione''.
E' possibile aderire a questo appello inviando il proprio nome, cognome, qualifica professionale a info@desistenzaterapeutica.it
Ho 63 anni ed ho già scritto le mie volontà. Ne ho pure parlato con mio figlio ed il mio miglior amico: quando non sarò più me stesso dovranno fare in modo di non protrarre ogni inutile accanimento. Se qui non sarà possibile, lecitamente o meno, dovranno portarmi in un paese in cui la mia volontà potrà essere esercitata. Ciò alla faccia di preti e politici egoisti che vogliono decidere per me.
RispondiEliminagrazie per la tua testimonianza. Personalmente credo che nessuno abbia il diritto di mettere il cappello su argomenti tanto delicati. Grazie ancora
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