Ricevo da Doctornews due articoli sullo stesso tema realtivo all'approvazione delle linee guida sulla somministrazione dela pillola abortiva RU486. Naturalmente, in questi casi si scatena la bagarre politica e ideologica, dimenticando che i destinatari finali sono i cittadini, in questo caso le cittadine. Dimenticando che le decisioni devono essere prese nell'unico interesse di chi ne usufruirà. Ho un po' messo a posto i due articoli, ricavandone uno solo. Ve li propongo, in modo che ognuno, magari andando a leggere il testo delle linee guida (vi propongo questo sito, ma ce ne sono tanti altri in rete), possa prendere coscienza del problema. Buona lettura!
Il 24 giugno scorso sono state approvate le linee guida ministeriali per il corretto utilizzo della pillola abortiva Ru486. Indicazioni non vincolanti, che ribadiscono i punti considerati fondamentali dal ministero per l'aborto farmacologico. In particolare la necessità della somministrazione e del monitoraggio della procedura in ospedale e di un «consenso pienamente informato», come ha spiegato il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella. «Si tratta di linee guida di massima, che non entrano nei dettagli, proprio in considerazione dell'autonomia delle Regioni». Il tutto nel rispetto della legge 194, «perché questa nuova procedura non scardini le tutele e le garanzie della legge», prosegue il sottosegretario, e del parere del Consiglio superiore di Sanità che aveva sottolineato la necessità del ricovero anche per l'aborto farmacologico in tutte le sue fasi.
Di diverso parere la senatrice Donatella Poretti, Radicali-Pd, segretaria commissione Igiene e Sanità, la quale afferma che le linee guida ministeriali «suonano come una chiara minaccia ritorsiva alle Regioni, tale da configurarsi come abuso di potere. Il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, segnala che "chi dovesse applicare protocolli clinici che ammettono le dimissioni volontarie della donna dopo l'assunzione della prima pillola vanno incontro a irregolarità" tali da "determinare dei problemi sul piano del rimborso della prestazione da parte del servizio pubblico"». Ma, si chiede Poretti, «come si dovrebbe fare per non accettare le dimissioni volontarie che una donna, in caso, farebbe assumendosi le proprie responsabilità»? Forse la sottosegretaria Roccella sta chiedendo alle Regioni di fare trattamenti sanitari obbligatori, contenzioni nei letti, opera di persuasione occulta nei confronti delle donne per trattenerle (inutilmente dal punto di vista sanitario) ricoverate in ospedale?».
D'accordo anche Livia Turco, capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera, secondo la quale «le linee guida del Governo suonano come un avvertimento alle Regioni per impedire che venga previsto l'utilizzo del farmaco in day hospital. E' inaccettabile - sottolinea - che il sottosegretario arrivi addirittura a ipotizzare la negazione del rimborso della prestazione, da parte del servizio pubblico, alle strutture sanitarie in caso che il ricovero non sia ordinario, cioè di tre giorni».
Di diverso parere la senatrice Donatella Poretti, Radicali-Pd, segretaria commissione Igiene e Sanità, la quale afferma che le linee guida ministeriali «suonano come una chiara minaccia ritorsiva alle Regioni, tale da configurarsi come abuso di potere. Il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, segnala che "chi dovesse applicare protocolli clinici che ammettono le dimissioni volontarie della donna dopo l'assunzione della prima pillola vanno incontro a irregolarità" tali da "determinare dei problemi sul piano del rimborso della prestazione da parte del servizio pubblico"». Ma, si chiede Poretti, «come si dovrebbe fare per non accettare le dimissioni volontarie che una donna, in caso, farebbe assumendosi le proprie responsabilità»? Forse la sottosegretaria Roccella sta chiedendo alle Regioni di fare trattamenti sanitari obbligatori, contenzioni nei letti, opera di persuasione occulta nei confronti delle donne per trattenerle (inutilmente dal punto di vista sanitario) ricoverate in ospedale?».
D'accordo anche Livia Turco, capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera, secondo la quale «le linee guida del Governo suonano come un avvertimento alle Regioni per impedire che venga previsto l'utilizzo del farmaco in day hospital. E' inaccettabile - sottolinea - che il sottosegretario arrivi addirittura a ipotizzare la negazione del rimborso della prestazione, da parte del servizio pubblico, alle strutture sanitarie in caso che il ricovero non sia ordinario, cioè di tre giorni».
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