Il primo colpo l'hanno battuto i napoletani e, soprattutto, i milanesi, quando gli è stato chiesto di mandare a quel paese i candidati dei maggiori partiti di destra e di sinistra, facendo capire a chi ci rappresenta che l'era delle favole dei partiti fotocopia, mascherati da fazioni opposte, era finita. In quell'occasione sono diventati sindaci De Magistris e Pisapia i quali, pur con i loro limiti, rappresentavano il cuore dell'intolleranza di un elettato che non ne poteva più di essere amministrato dalla cattiva politica o, meglio, dai cattivi politici. Certo, non si poteva pretendere che al primo colpo vincesse Grillo ma, per chi voleva sentire, il colpo era già abbastanza forte e chiaro.
Niente da fare. Si è andati avanti come se nulla fosse accaduto. Così, nonostante i tentativi di affossamento, si è arrivati ai referendum di giugno. Le televisioni hanno latitato, nessuna publicità, nessun chiarimento, solo alcuni scarni spot, centellinati in orari proibitivi ed alternati con uno decisamente allusivo e fuorviante sulle centrali nucleari. Ora io non voglio entrare nel merito del torto o della ragione dei si o dei no, non credo che sia quella la vittoria, perché ognuno può a ben diritto avere le sue ragioni e pretendere di essere depositario della verità. La vera vittoria è stata obiettivamente la lezione di democrazia a chi aveva fatto suonare anzitempo le campane a morto dell'istituto referendario. E poi, manco a dirlo, il secondo colpo per i nostri governanti che erano stati sordi al primo richiamo.
Anche questa volta niente, tutto come prima e, se possibile, peggio di prima. Scandali, tangenti, ruberie, proclami e promesse di un futuro migliore. Come se l'Europa non ci fosse, la crisi fosse ancora nel paese delle meraviglie, mentre il nostro fosse ancora e per sempre il paese del bengodi.
Nel frattempo è giunta l'estate, è stata tirata giù in fretta e furia una finanziaria della serie spendi oggi e paghi domani. L'Europa non è stata soddisfatta ed ha preteso soldi veri subito, ma noi niente finché si sono infuriati i mercati che ci hanno fatto perdere in pochi giorni una fetta significativa della nostra falsa finanziaria. Le televisioni hanno continuato a latitare, non uno speciale, uno straccio di talk show, qualcuno che spiegasse, al di fuori dei soliti palinsesti estivi, come stavano le cose. I nostri politici hanno fatto finta di non andare in ferie e, con le mani sulla carta ma evidentemente il cervello sulla spiaggia, hanno tirato giù un'altra finanziaria, alla cui presentazione in senato erano presenti undici senatori e quattro sciacquini. Al loro ritorno hanno preso a litigare su quale doveva essere l'amico da tutelare, cambiando ogni cinque minuti i contenuti della manovra ed attaccando sistematicamente l'opposizione che non collaborava. A questo punto, non c'è due senza tre è arrivato, fresco di giornata, il terzo colpo. La CGIL ha riempito le piazze d'Italia, si sono accodati i partiti d'opposizione del centro sinistra. La gente, per la terza volta, dice basta. Basta alle bugie, basta ai privilegi, basta allo sbando di un governo che non riesce più a governare perché sommerso da ricatti dall'interno e dall'esterno, basta con la mancanza di una direttiva, di una decisione sulla rotta da intraprendere. L'attuale presidente del condiglio era stato scelto, come altri suoi predecessori, perché rappresentava l'uomo della provvidenza e, a torto e a ragione, veniva considerato l'uomo adatto a dare al popolo italiano una direzione inequivocabile. Ora che tutto questo non c'è più e l'infatuazione è passata la gente non lo sopporta più. Lo capiranno questa volta i nostri politici o sono così tardoni da avere bisogno di un quarto colpo?
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